Come faceva a riciclare i soldi la coppia di Brescia che aveva 15 milioni sotterrati in giardino
La coppia formata da Giuliano Rossini e Silvia Fornari, originaria di Gussago (Brescia) e nota per essere stata accusata di aver seppellito milioni di euro nel giardino di casa, è finita di nuovo sotto indagine perché accusata di aver fatto parte di un sodalizio che sarebbe stato dedito al riciclaggio di denaro. Il gruppo, stando alle indagini della Guardia di Finanza, avrebbe messo in piedi un sistema molto articolato che permetteva di trasportare i cosiddetti "soldi sporchi".
L'associazione per delinquere sarebbe stata composta da sedici persone: tre originari di Vicenza, nove di Brescia, due dello Sri Lanka e due della Cina. Sarebbe stata inoltre attiva tra Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma. Avrebbe però avuto anche collegamenti in Germania, Slovenia e Repubblica Popolare Cinese.
Il ruolo dello spallone
L'indagine è partita dal monitoraggio di un uomo di 51 anni originario di Arzignano, comune del Vicentino. Questo è stato sospettato di svolgere l'attività di money mule o spallone. In cosa consiste? Precisamente nel trasportare contanti, che sarebbero sempre stati frutto di una frode fiscale, da e verso l'estero.
I militari hanno quindi monitorato i frequenti viaggi in automobile che avrebbe svolto verso la Slovenia dove si sarebbe fermato per circa un'ora per poi rientrare in Italia. Le intercettazioni, le indagini bancarie e i riscontri operativi hanno permesso di scoprire che al vertice del gruppo criminale c'era proprio lui che sarebbe stato aiutato dalla coppia di Gussago. Gli altri undici complici invece si sarebbero occupati del trasporto del denaro.
In appena un anno e mezzo, sarebbero stati effettuati ben 556 viaggi per un totale di 110 milioni di euro riciclati che sarebbero arrivati da frodi fiscali realizzate da società dedite al commercio di materiali ferrosi, soprattutto da due aziende con sede a Brescia e a Roma. Queste due avrebbero emesso fatture false che avrebbero dovuto coprire gli acquisti in nero che sarebbero stati effettuati da altre 25 società clienti di Vicenza, Rovigo, Brescia, Mantova, Bolzano, Alessandria, Roma, Milano e Torino.
I clienti avrebbero saldato le fatture false attraverso alcuni bonifici ai "fornitori/cartiere", che a loro volta avrebbero ripulito il denaro ricevuto a favore di un'azienda di Hong Kong e una belga. I soldi sarebbero stati successivamente inviati attraverso l'uso di uno "sportello bancario abusivo", un China underground bank: si tratterebbe di un circuito bancario informale e segreto con diverse filiali in tutta Italia.
Questo sportello, composto da operatori, avrebbe mosso ingenti quantità di denaro verso la Cina offrendo servizi speciali per i clienti. Lo sportello sarebbe stato gestito da un 38enne, originario della Cina e residente a Vigonovo, che formalmente era dipendente di una ditta di Padova, ma che in realtà organizzava il trasferimento dei contanti da parte di altri "spalloni" sparsi in Italia e all'estero.
Le comunicazioni avvenivano attraverso chat criptate
I contatti con quest'uomo sarebbero stati tenuti sia dal 51enne che dai due coniugi. I quattro avrebbero comunicato attraverso le chat criptate su canali come Telegram, Signal, DingTalk e WeChat.
Gli esperti sono riusciti ad acquisire i messaggi e ricostruire i viaggi che sarebbero stati compiuti per ritirare i contanti da spostare verso le società clienti. L'organizzazione avrebbe usato diversi metodi di riconoscimento per garantire il proprio operato. I vertici avrebbero inviato al quarto uomo il numero di targa o la foto dell'automobile che avrebbe dovuto ritirare i contanti. In alternativa sarebbe stato utilizzato un numero seriale di una banconota come "codice identificativo" che lo spallone avrebbe dovuto mostrare al soggetto cinese per confermare l'autorizzazione al ritiro.
Infine per il trasporto in sicurezza, i vertici avrebbero costituito squadre ad hoc composte da due o più automobili prese a noleggio. Ognuna di esse, era guidata da uno spallone. Il primo mezzo avrebbe avuto il ruolo di "staffetta" e avrebbe dovuto anticipare la seconda automobile dove sarebbe stato trasportato il denaro contante.
Nei mesi di giugno e luglio 2022, gli investigatori hanno attivato i colleghi di Prato per effettuare un controllo su strada nei confronti di un 58enne di Lonigo (Vicenza). Sulla sua automobile sono stati trovati 140mila euro in contanti nascosti nel bagagliaio sotto la ruota di scorta. Nella sua abitazione sono stati sequestrati altri 84mila euro in contanti e uno smartphone. All'interno del cellulare c'era la "contabilità" dei viaggi organizzati e delle movimentazioni del denaro.
Nella giornata di martedì 19 marzo i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza – coordinati dalla Procura – hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere che è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza nei confronti di tredici persone, di cui otto sono state portate in un istituto penitenziario e cinque sono state sottoposte agli arresti domiciliari. Sono stati inoltre sequestrati 1.500.000 euro che corrisponderebbe al profitto illecito generato dal gruppo criminoso.