Come è possibile che l’uomo accusato di fare da prestanome a Messina Denaro non abbia destato sospetti in Brianza
In trent'anni di latitanza Matteo Messina Denaro non è mai stato tradito. Neanche sul finale, quando per lui è scattato l'arresto il 16 gennaio 2023. "Pensavo che qualcuno mi avesse tradito, invece mi sono accorto di aver commesso un errore", aveva precisato l'ex boss di Castelvetrano nel suo ultimo interrogatorio del luglio 2023 davanti ai magistrati, due mesi prima di morire per un tumore. Nessun tradimento questa volta nella storia di Cosa Nostra. Perché? Perché Matteo Messina Denaro ha saputo sempre capire su chi poteva fidarsi. E oltre alla sua famiglia stretta c'era quella di Andrea Bonafede, il prestanome per eccellenza nei suoi ultimi due anni di latitanza quando faceva avanti e indietro le strutture della Sicilia per curarsi.
E tra i fedelissimi, nonché imparentato con la famiglia Bonafede, i carabinieri del Ros di Palermo, coordinati del Procuratore Maurizio De Lucia e il suo aggiunto Paolo Guido, hanno scoperto esserci anche Massimo Gentile: questo è cugino di Salvatore Gentile (i loro padri sono cugini di primo grado), ovvero il marito condannato all'ergastolo di Laura Bonafede, la donna legata sentimentalmente a Matteo Messina Denaro e finita anche lei nel mirino delle indagini del Ros.
Da quando e che ruolo ricopriva nel Comune di Limbiate
Originario di Campobello di Mazara (paese del Trapanese di cui Matteo Messina Denaro era il boss di Cosa Nostra e dove si era nascosto negli ultimi anni) Massimo Gentile si era trasferito al Nord. Da anni aveva la residenza a Solaro, nel Milanese, e da anni, o meglio dal 2019, "risulta essere dipendente presso il Comune di Limbiate (Monza eBrianza)" dove svolgeva l'incarico di "Responsabile dei procedimenti relativi al Servizio lavori pubblici". Non un impiegato qualunque bensì il capo ufficio tecnico del Comune. E ancora: qui risultava incaricato di gestire i fondi del Pnrr.
Come avrebbe agevolato il boss di Castelvetrano
Ma dal 2014 la sua "altra professione" era quella di aiutare il boss nella sua latitanza. Stando a quanto accertato da investigatori e inquirenti, avrebbe permesso che il boss usasse il suo nominativo per comprare auto e moto: come spiega il Tribunale, in un arco temporale di dieci anni, dal 2007 al 2017 "cedeva più volte la propria identità al latitante (al
pari di quanto poi realizzato da Andrea Bonafede), al fine di permettergli di acquistare mezzi di trasporto, di stipulare contratti assicurativi, di compiere operazioni bancarie, insomma di vivere e spostarsi nel suo territorio come un cittadino qualunque e con un apparentemente regolare documento di identità". Così era diventato un "insospettabile tassello" del cerchio dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro.
Perché se c'è una cosa che si è sempre capito sul boss di Castelvetrano è che sapeva bene di chi fidarsi: sapeva che "scegliendo l'identità di una persona che non fosse complice e fedele, si sarebbe esposto ad altissimi rischi del tutto improbabili per un astuto e calcolatore quale egli era".
Con il nome di Massimo Gentile, Matteo Messina era riuscito a comprarsi un'auto con tanto di assicurazione. Era il 2014: il boss si era recato di persona in una concessionaria di Palermo a firmare le carte dell'acquisto. Allora aveva presentato una carta d'identità con il nome del suo prestanome ma con la foto del boss. Tra i dati riportati sul documento però c'era riportata una via inesistente di Campobello di Mazara (Trapani). Così come aveva scritto che fosse "coniugato", cosa che non erano né Massimo Gentile che Matteo Messina Denaro. Gentile aveva prestato il nome al boss anche per altri acquisti di mezzi che permettevano a Messina Denaro di spostarsi nel suo territorio. Secondo le indagini, sarebbe stato prestanome di Matteo Messina Denaro fino al 2017.
Come si difende il Comune di Limbiate
Massimo Gentile è stato assunto come responsabile dei procedimenti relativi al Servizio lavori pubblici. Nessuno però ha mai sospettato della sua parentela e del suo passato da prestanome.
Come precisa in una nota il Comune di Limbiate: "Il Comune di Limbiate è completamente estraneo alla vicenda. In merito alle notizie che sono state diffuse nelle ultime ore e che coinvolgono l’architetto Massimo Gentile, il Comune di Limbiate dichiara la completa estraneità ai fatti che riguardano vicende non collegate alla sua attività di dipendente comunale".
Poi il sindaco Antonio Romeo precisa: "Abbiamo appreso questa mattina dell’accaduto e da subito abbiamo prestato la necessaria massima collaborazione alle autorità per tutti i controlli di rito. L’Amministrazione Comunale ha sempre lavorato nel rispetto della legalità. Quanto sta emergendo in queste ore riguarda una brutta vicenda personale di un dipendente ma non coinvolge in alcun modo il Comune di Limbiate. Non permetterò pertanto che questi fatti possano intaccare o compromettere l’immagine dell’Ente che ha sempre operato e continuerà ad operare nel rispetto della legalità. Sono pronto ad adottare atti e provvedimenti che tutelino l’Ente, l’intera comunità limbiatese e l’immagine della nostra Città".