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Omicidio Marta Di Nardo

Come Domenico Livrieri ha ucciso Marta Di Nardo: “Avevamo un debito di 20 euro”

“Io e Marta Di Nardo avevamo un buon rapporto, lei cucinava per me e mi prestava dei soldi. Quel giorno l’avevo chiamata perché le dovevo restituire venti euro”, l’interrogatorio di Domenico Livrieri, che ha ucciso e fatto a pezzi la vicina di casa a Milano.
A cura di Francesca Del Boca
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"Mi dispiace di aver assassinato Marta, con lei avevo un buon rapporto". Sono le parole che Domenico Livrieri, 47 anni, ha reso durante l'interrogatorio di convalida del fermo avvenuto nella notte di sabato 21 ottobre, mentre confessava ai Carabinieri di aver ucciso la vicina Marta Di Nardo, 60 anni, e di averne nascosto il cadavere nella casa di via Pietro da Cortona per più di due settimane.

Il giorno del delitto di Marta Di Nardo

Davanti agli inquirenti l'uomo, che ha alle spalle una condanna per violenze sessuali e sequestro di persona, ha ricostruito passo dopo passo il giorno del delitto. È lo scorso 4 ottobre. "È successo a casa mia, a mezza mattinata, l'ho uccisa colpendola al collo con un coltello. Preso dal panico, poi, ho nascosto il corpo sopra, nella botola in cucina dopo averla tagliata", ha raccontato il 46enne. "Il coltello trova ancora in cucina sul mobiletto nero, ha la lama liscia e il manico giallo. Non ho raccontato a nessuno di quello che è successo".

La scomparsa di Marta Di Nardo, i vicini: "L'hanno uccisa"

Di Marta Di Nardo, per più di due settimane, nessuno ha notizie. Non la vedono più i vicini del condominio Aler dietro viale Argonne, che iniziano a insospettirsi. Pensando subito al peggio: Marta è ludopatica ("Al dieci del mese aveva già speso in gratta e vinci la misera pensione di reversibilità che le aveva lasciato il marito", dice uno di loro), esce spesso in piena notte, frequenta persone di ogni tipo.

Tra di loro c'è anche Domenico Livrieri, che nel palazzo fa paura a tutti. È tossicodipendente, frequenta il Cps. "Era una persona violenta. Lanciava giù dal balcone del terzo piano gli elettrodomestici, attaccava briga con chiunque", sempre gli abitanti del condominio. Nei giorni della scomparsa di Marta, viene visto aggirarsi intorno al suo appartamento. "Livrieri entrava e usciva da casa di Marta nei giorni della sua scomparsa", raccontano. "Aveva proprio le chiavi. Una volta è sceso con una valigia grande, rossa".

A casa di Marta, per più di due settimane, si rinchiude per sfuggire dall'odore del corpo in decomposizione, avvolto tra le coperte. Alla sorella che lo va a trovare inventa di avere della carne avariata in frigorifero. "Mi recavo a casa sua e mangiavo", le parole dell'uomo. Le indagini sulla scomparsa di Marta solo scattano dopo la denuncia del figlio Emanuele, con la quale la donna non ha quasi più rapporti, il 17 ottobre.

Il movente economico: "Volevo il suo bancomat"

Ma perché un'esecuzione così brutale? Cos'era successo tra i due vicini? "Avevamo un buon rapporto, lei cucinava per me e mi prestava dei soldi. Quel giorno l'avevo chiamata perché le dovevo restituire venti euro", sempre l'interrogatorio di Domenico Livrieri. "Le ho sferrato la coltellata quando si è girata, mentre eravamo seduti sul bordo del letto a conversare. Il coltello era nascosto sotto la coperta". Il motivo? "Volevo prenderle il bancomat e poter prelevare tutti i mesi". Non a caso, nelle ore immediatamente successive alla morte della donna, corre a uno sportello a prelevare 170 euro: i codici di accesso sono scritti su alcuni fogli che l'uomo ritrova in casa della vittima. Insieme al bancomat di Marta, prende con sé un libretto postale e alcune carte di credito. Tenta poi dopo giorni di fuggire su un aereo a Malpensa, ma i pagamenti non vanno a buon fine.

Domenico Livrieri doveva trovarsi in una Rems (ma non c'era posto)

"Sono dispiaciuto", ha ripetuto più volte ai Carabinieri. "Vorrei solo dire che mi dispiace, che non è stata colpa mia ma dei miei familiari che non mi aiutavano". Non sono dello stesso parere, però, i vicini dello stabile di via da Cortona. "Il fratello stava cercando di metterlo in una struttura privata", la loro testimonianza. "Uno così era pericoloso per sé e per gli altri". Lo stesso parere del giudice che nel 2021 l'aveva condannato alla reclusione in una Rems, una struttura sanitaria per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi. Ma Domenico Livreri era ancora libero. "Non c'erano posti disponibili nelle residenze".

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