video suggerito
video suggerito

Colpito dai ladri e morto dopo 5 anni di coma: tutti gli ostacoli per risalire agli assassini di Francesco

Restano anche senza nome gli assassini di Francesco, l’elettricista di 42 anni morto dopo cinque anni di coma. La notte del 23 gennaio 2017 era stato colpito alla testa con un cacciavite da alcuni ladri.
A cura di Giorgia Venturini
79 CONDIVISIONI
Immagine

Gli assassini di Francesco Scalvini devono rispondere di omicidio, ma nessuno – almeno per ora – salirà sul banco degli imputati nei tribunale di Brescia. Dopo anni di indagini i responsabili della morte del 42enne elettricista di Ghedi Francesco Scalvini non hanno ancora un nome. Di quella tragica notte del 23 gennaio 2017 si sa solo quello che accadde: i ladri entrarono nella villette di famiglia del 42enne utilizzando un piede di porco e un cacciavite per forzare la finestra. Francesco, insieme al padre, li ha affrontati faccia a faccia per difendere la sua famiglia. I ladri però senza pietà lo hanno colpito alla testa con un cacciavite: le ferite furono talmente gravi tanto che Francesco cadde subito in coma. A soccorrerlo per primo fu la moglie poi la chiamata al 118: il 42enne fu portato d'urgenza al Poliambulanze di Brescia poi trasferito in una struttura sanitaria di Castiglione delle Stiviere. In coma Francesco ci rimase per cinque anni, fino a quando lo scorso venerdì venne annunciato il decesso. Lunedì 7 marzo ai funerale i cittadini di Ghedi sono riusciti a dargli l'ultimo saluto. "Buon viaggio tesoro. Ora potrai volare libero… Sei stato il nostro coraggioso guerriero e sarai sempre nel mio cuore", ha scritto la moglie Cristina Tocchella in un post su Facebook.

Le indagini si sono concluse con una archiviazione

Oggi a distanza di cinque anni i ladri restano senza nome. Secondo quanto appreso dagli atti, i malviventi entrarono in casa con il volto coperto e i guanti sulle mani. Questo vuol dire che non lasciarono tracce: i carabinieri che indagarono sull'accaduto ispezionarono centimetro per centimetro della casa ma senza alcun risultato. Delle indagini se ne occupò il Nucleo investigativo del comando provinciale di Brescia: partirono però subito in salita. Perché oltre al fatto che in casa non erano presente tracce, a Ghedi allora mancavano anche le telecamere di video sorveglianza in giro per il paese. Come risalire dunque al nome degli assassini? I militari fecero un lavoro accuratissimo soffermandosi ad analizzare ognuna cella telefonica agganciati in zona quei giorni. Si scoprì che alcuni cittadini dell'Est con precedenti per reati simili, come reati contro il patrimonio, erano a Ghedi quella stessa notte. Ma questa fu l'unica prova: troppo debole per l'accusa di omicidio. A Ghedi potevano essere passati anche per bere un semplice caffé. Per questo la Procura fu costretta a chiedere l'archiviazione delle indagini. Indagini che potranno essere riaperte solo se emergessero importanti prove, o meglio se qualcuno che ha visto qualche dettaglio – se non gli stessi assassini – parlasse. Così ad oggi l'inchiesta risulta conclusa: resterà ancora un mistero chi ha ucciso Francesco.

79 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views