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Coda di ambulanze fuori all’ospedale di Voghera, pronto soccorso in tilt: pesano Covid e influenza

A causa delle elevate richieste di cure e dello scorso numero di sanitari, il pronto soccorso di Voghera è andato in tilt: a complicare la situazione l’aumento di casi di Covid e di influenza.
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Nella notte fra domenica 10 e lunedì 11 dicembre, passando fuori dall'ospedale di Voghera, si vedeva una lunga coda di ambulanze in attesa di poter entrare. Scene che riportano la memoria di tutti a momenti ben più drammatici di quello attuale, che al momento desta preoccupazione senza però dover allarmare. Sta di fatto che il pronto soccorso nel comune della provincia di Varese quella notte è completamente andato in tilt anche per colpa dell'aumento dei casi di Covid e di influenza stagionale. E pensare che, secondo gli esperti di Regione Lombardia, non siamo neanche ancora al picco di quest'anno.

Secondo l'ultimo bollettino ministeriale, i casi settimanali di Covid in Lombardia nell'ultimo mese sono cresciuti dell'80 per cento. Anche l'influenza si sta sempre più diffondendo, nonostante la campagna vaccinale per l'uno e l'altro virus sia di fatto ferma perché in troppi pochi decidono di farselo somministrare. Questa situazione, unita alla ormai nota carenza di medici negli ospedali pubblici e sopratutto nei pronto soccorsi, dove il lavoro è più faticoso e pericoloso, sta già portando alcune strutture ad andare in tilt.

La prima a esplodere è stato l'ospedale di Voghera, nella notte fra domenica 10 e lunedì 11 dicembre, quando le richieste di cure sono state talmente tante che il pronto soccorso non riusciva più a gestirle, dovendo chiudere aiuto agli altri reparti e soprattutto facendo aspettare in coda le varie ambulanze. "In alcuni momenti abbiamo avuto sei o sette ambulanze ferme, con il trasportato a bordo, bloccate, in attesa che si liberasse un posto letto", racconta un operatore al quotidiano La provincia pavese.

Secondo il quotidiano locale, il caos sarebbe iniziato con l'arrivo improvviso in ospedale di quattro pazienti in "codice rosso", ossia quello più grave e da curare con urgenza. Il personale del pronto soccorso non era sufficiente per gestirli tutti contemporaneamente e quindi ha chiesto il supporto dal altri reparti. Solitamente in questi casi interviene qualcuno dell'Osservazione a bassa intensità. Ma quella notte non era possibile perché erano impegnati, appunto, a gestire i casi di Covid e di influenza.

L'unica soluzione per curare i quattro pazienti gravi era quindi spostare l'infermiere dal triage, ovvero lo sportello da cui i sanitari si occupano di fare la prima valutazione dei nuovi accessi in pronto soccorso. In questo modo, però, il flusso si è totalmente interrotto e le ambulanze si sono accavallate una dopo l'altra fuori dalla struttura, fino a che non è stato lo stesso ospedale a comunicare all'Agenzia regionale per le emergenze e le urgenza di non inviarne più perché non erano più in grado di gestirle.

La carenza dei medici nei pronto soccorsi italiani è un problema di cui è ben consapevole Regione Lombardia, non a caso l'assessore al Welfare Guido Bertolaso sostenga da tempo che "non è giusto, però, penalizzare chi lavora al pronto soccorso con stipendi che sono uguali a quelli di colleghi che magari lavorano negli ambulatori sei/otto ore al giorno in situazione assolutamente tranquilla e protetta". Ma intanto la Asst non può fare altro che dire "grazie all'impegno del personale presente e alla disponibilità di reparti ospedalieri che sono andati in appoggio del pronto soccorso" e che hanno permesso di "gestire le criticità".

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