Clarissa e la sindrome di down: “Non è facile dire ‘lavoro’”. Ma con Il pane di Sandro è possibile
“Tre euro e 31 centesimi”. Lo scandisce con chiarezza gentile Clarissa, mentre imbusta il pane e batte lo scontrino. Lo sguardo attento dietro gli occhiali, i capelli rossi raccolti in una lunga treccia. “Vuole anche la pizza? Oggi abbiamo quella con salsiccia e friarielli”.
"A Sandro piaceva tanto il pane"
Ha aperto da pochi giorni “Il pane di Sandro”, un forno in via Carso, a Como, dove lavorano otto ragazze e ragazzi in situazione di fragilità: chi affetto da sindrome di Down, come Clarissa e Chiara, chi richiedente asilo politico, come Massogbe, chi con alle spalle una storia travagliata di affido, come Antonio. Il nome del negozio è quello di un bimbo vissuto nella grande casa dove l’associazione Cometa, a cui fa capo il panificio, accoglie minori tolti alle famiglie di origine. “Sandro – spiega Alessandro Mele, direttore generale di Cometa – era un bambino a cui piaceva tanto il pane”. Il pane è una cosa semplice, che dovrebbe essere un diritto per tutti, proprio come il lavoro. Da qui l’idea di un panificio per dare spazio, socialità, abilità professionali e quindi dignità a quei ragazzi e ragazze a rischio di emarginazione.
"Durante il lockdown ricominciamo dal pane"
Cometa ha messo in campo da tempo iniziative per favorire l’inclusione lavorativa, come il bar bistrot Anagramma a Cernobbio, la falegnameria e il negozio For&From in centro a Como. “Durante il lockdown – spiega Marco Faccioli, responsabile dell’area ristorazione di Cometa – i nostri ragazzi impegnati nel servizio catering hanno dovuto fermarsi, come tutti gli operatori del settore. Ma per loro il lavoro non è solo fonte di reddito, è anche e soprattutto strumento abilitativo. Per questo abbiamo deciso di ripartire dal pane”.
Una ricetta che arriva da lontano
La ricetta del pane di Sandro – lievito madre con due giorni di lievitazione – insieme a Faccioli, l’ha studiata Antonio Monaco, mastro pasticcere e fornaio di Cometa. Tutti i prodotti da forno venduti nel panificio di Como e nel bistrot di Cernobbio sono infatti preparati dagli allievi della scuola di Cometa, coordinati da Antonio. “Sono arrivato a Cometa da Napoli quando avevo dieci anni – racconta il pasticcere -, la mia famiglia d’origine aveva gravi problemi, così sono stato accolto da papà Erasmo e mamma Serena. Ho trascorso con loro tutta l’adolescenza, ma una volta raggiunta la maggiore età ho sentito il bisogno di tornare dai miei genitori naturali. Non è andata bene, i problemi non erano svaniti e io allora ero troppo giovane e immaturo per capire come stavano le cose. Ho rischiato di perdere tutto quello che avevo costruito a Cometa, per fortuna papà Erasmo mi è rimasto accanto, mi ha riportato a Como e mi ha aiutato a trovare un lavoro, dato che nel frattempo avevo anche lasciato l’università. Così, da un’esperienza in pasticceria, è nata la mia passione, che poi ho fatto fruttare per tutti gli altri ragazzi”. E non solo: “Ho seguito l’esempio di mamma Serena e papà Erasmo: adesso, insieme a mia moglie, ho anche io tre bimbi in affido”.
Dalla storia di due famiglie a quella di .1300 ragazzi
“Cometa – dice Mele – è una storia che nasce da un primo sì, è una storia imprevista, imprevedibile”. E lo è davvero: nel 1986 due famiglie, Innocente e Marina, Erasmo e Serena, aprono il cuore e la casa a un bambino in difficoltà: ha inizio così la prima esperienza di accoglienza. Da incontro a incontro, di bambino in bambino, nel tempo si sviluppa una rete di famiglie e amici che si costituiscono poi nel 2000 nell’associazione Cometa. Come a dire che se non sei nato sotto una buona stella, la buona stella può venire da te. Nello stesso luogo si affianca la proposta educativa diurna: ogni giorno, dopo la scuola, un centinaio di bambini e ragazzi trovano in Cometa un’equipe di educatori e insegnanti. L’aiuto allo studio, le attività ricreative e sportive diventano un’occasione per vivere insieme, per crescere e diventare adulti. Quindi il lavoro: nel 2008 nasce la cooperativa sociale Contrada degli Artigiani, costituita con l’obiettivo di offrire opportunità lavorative e di tirocinio per gli studenti in formazione professionale e i giovani con disabilità. Ancora, nel 2015, il bar didattico Anagramma, nel 2016 il liceo artigianale e nel 2019 il negozio “Far&From”. Oggi il “Pane di Sandro”. In tutto sono 1300 i bambini e i ragazzi che ogni giorno transitano negli spazi di Cometa.
“La disabilità è di tutti”
“In fondo tutti, potenzialmente, corriamo il rischio di diventare disabili in qualcosa – commenta Giovanna Cappi, responsabile del “Pane di Sandro” -, a seguito di un incidente, di una malattia o anche solo di vecchiaia. È molto importante normalizzare la disabilità e non nasconderla come si faceva un tempo: basta essere creativi e trovare nuove vie per comunicare, come facciamo noi ogni giorno con i nostri ragazzi. E la gente lo apprezza, riesce a immedesimarsi e pensa: quello potrebbe essere mio figlio, mio fratello, mio nipote…”