Cinque anni fa Mattia Maestri diventava il paziente 1 del Covid-19: “Vivo grazie a medici e infermieri eccezionali”

Era il 20 febbraio del 2020 quando il tampone per il Covid-19 somministrato a Mattia Maestri segnalava la sua positività al virus. Il ricercatore dell’Unilever di Casalpusterlengo aveva 38 anni e quel giorno diventò ufficialmente il "paziente 1": il primo europeo a cui era stato diagnosticato il coronavirus fuori dalla Cina. "Non si è mai scoperto da chi l'ho contratto", ha spiegato Maestri cinque anni più tardi, "non sono morto solo grazie a medici e infermieri eccezionali".
La febbre alta e il tampone per il Covid-19
La febbre era comparsa domenica 16 febbraio del 2020 e l'indomani Maestri si era presentato in ospedale. I medici pensavano si trattasse di "una forma leggera di polmonite" e gli avevano prescritto antibiotici tradizionali. Tuttavia, la febbre non scendeva e mercoledì 19 febbraio il maratoneta 38enne originario di Castiglione d'Adda si era presentato per la seconda volta al pronto soccorso dell'ospedale di Codogno (in provincia di Lodi), dove abitava. "Nessuno sapeva dirmi qualcosa", ha ricordato Maestri in un'intervista a La Repubblica, "non ero mai stato così male senza sapere il perché".
Parlando con la moglie del paziente, l'anestetista di turno al pronto soccorso Annalisa Malara ha scoperto che il 20 gennaio, quindi all'incirca un mese prima, Maestri aveva cenato con un amico appena rientrato dalla Cina. Temendo un collegamento tra le due cose, la dottoressa ha chiesto che il 38enne venisse sottoposto a un tampone per il Covid-19. "Il referto positivo è arrivato la sera del 20 febbraio", ha ricordato Giorgio Milesi, al tempo coordinatore degli infermieri della terapia intensiva.
Il ricovero del "paziente 1" e la guarigione
In quel momento, Maestri era diventato il "paziente 1" in Europa. "Mi dissero che per curarmi meglio dovevano intubarmi e mettermi in coma farmacologico", ha ricordato, "ero a un passo dalla morte, disperato, non avevo alternative". Il 38enne si è, poi, risvegliato dopo tre settimane nel Policlinico San Matteo di Pavia. "Non sono morto grazie a medici e infermieri eccezionali", ha detto Maestri.
Poco dopo, si era scoperto che in realtà non era stato l'amico con cui aveva cenato il 20 gennaio a contagiarlo. Anzi, "non si è mai scoperto da chi ho contratto il Covid", ha spiegato a La Repubblica, perciò per lui "evitare il contagio era impossibile". Alcune settimane dopo, il 19 marzo, suo padre è morto in ospedale a Varese mentre, in un certo senso, il direttore del reparto di malattie infettive del San Matteo di Pavia, Raffaele Bruno, era diventato per lui "il mio secondo papà, perché mi ha donato una seconda vita".