Ciclista investita a Milano, la famiglia: “Il tir l’ha trascinata per metri dopo l’urto, non è una fatalità”
A causare la morte di Francesca Quaglia lo scorso 29 agosto non è stata una "tragica fatalità". Ne è certo Giovanni Domeniconi, avvocato del Foro di Bologna e incaricato dai familiari della 28enne originaria di Medicina, in provincia di Bologna. In un comunicato, il legale ha ricostruito l'incidente di quella mattina in cui Quaglia, che si trovava in sella alla sua bicicletta, è stata travolta e uccisa da un camion in viale Caldara in zona Porta Romana a Milano.
Le indagini sulla dinamica dell'incidente
"Le indagini", ha scritto Domeniconi, "hanno permesso di ricostruire che il camion, urtando con la parte anteriore la parte posteriore della bicicletta, ne ha provocato il ribaltamento, travolgendola e continuando ad avanzare nonostante la collisione". In pratica, Quaglia si trovava ferma al semaforo insieme al camion. Entrambi avrebbero proceduto nella stessa direzione nel momento in cui sarebbe scattato il verde.
Tuttavia, il mezzo pesante l'avrebbe colpita, "tamponandola da dietro", continua il legale della famiglia Quaglia. Stando al racconto di una testimone, la 28enne avrebbe anche provato a segnalare la sua presenza al conducente del camion, un uomo di 54 anni, ma senza successo. Una volta tamponata e fatta cadere, il tir l'avrebbe agganciata e trascinata per diversi metri.
Le "gravissime lesioni derivanti dal tamponamento causato dall'autocarro", continua Domeniconi, "hanno determinato la morte pressoché istantanea di Francesca che, prima di quel momento, era in perfette condizioni di salute".
Il ricordo della madre e dei colleghi del Cinemino
Come ha ricordato la madre, Quaglia aveva trovato da poco lavoro come copywriter per una casa editrice a Milano. Inoltre, aveva iniziato anche a collaborare con il Cinemino che fungeva da secondo impiego. I suoi nuovi colleghi hanno ricordato anche come la 28enne fosse "gioiosa e intraprendente". Aveva iniziato a usare la bicicletta per muoversi in città più comodamente, come tanti altri fanno per raggiungere il proprio luogo di lavoro.