Chiesto l’ergastolo per Alessandro Maja, a processo per la strage di Samarate
Ergastolo, con 18 mesi di isolamento diurno. Questa la richiesta di condanna da parte del pm Martina Melita per Alessandro Maja nell'ambito del processo per la strage di Samarate (Varese), con sentenza prevista per il prossimo 21 luglio: nella notte tra il 3 e il 4 maggio del 2022 l'uomo aveva ucciso a martellate la moglie Stefania e la figlia Giulia, riducendo in fin di vita l'altro figlio Nicolò. La parte civile, in attesa del verdetto, ha chiesto un risarcimento di tre milioni di euro per i familiari delle vittime.
Il designer del Varesotto, considerato capace di intendere e volere dalla perizia chiesta dal tribunale, secondo l'accusa avrebbe agito con crudeltà inaudita verso i propri famigliari solo per paura di perdere il benessere economico: avrebbe infatti individuato proprio nella moglie e nei figli la causa di questo assillo. "Chiedo perdono per qualcosa di imperdonabile", aveva detto Maja nella precedente udienza.
La difesa chiede l'esclusione dell'aggravante della crudeltà
La parola adesso spetta alla difesa, che chiede l'esclusione dell'aggravante della crudeltà per Alessandro Maja. "Maja deve senz'altro pagare per quella che è stata la sua condotta. Quello che la corte deve decidere è l’entità", ha spiegato il difensore, che chiede venga applicato articolo 89 e cioè il vizio parziale di mente: si tratta di quell'infermità che diminuisce grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere.
Il figlio sopravvissuto: "L'ergastolo non basta"
"Continuava a parlare di un lavoro andato male al ristorante", ha intanto raccontato di recente a Fanpage.it Nicolò, il figlio sopravvissuto a quella terribile notte. "Diceva di essere un fallito e notavo un po' di preoccupazioni riguardo al suo lavoro, ma niente che facesse presagire quello che sarebbe poi successo", le parole del ragazzo, che ora vive insieme ai nonni materni e grazie alle continue sedute di fisioterapia sta migliorando a vista d'occhio. "Non so se riuscirò a perdonarlo. Non vedo neanche un pentimento sincero, nelle lettere che mi ha scritto fa finta di niente". E, a proposito della pena più equa per il padre assassino: "Un ergastolo sarebbe giusto ma non abbastanza, non mi sentirei liberato".