Chiesta consulenza psichiatrica su Alessia Pifferi, la donna che ha ucciso la figlia di stenti
Si procederà con una consulenza psichiatrica su Alessia Pifferi, la donna che ha ucciso la figlia Diana di 18 mesi di stenti per averla lasciata a casa da sola per sei giorni mentre lei raggiungeva il compagno nella Bergamasca. Così hanno deciso i suoi avvocati difensori, Luca D’Auria e Solange Marchignoli, affidando l'incarico ai professori Giuseppe Sartori, ordinario di Neuropsicologia forense e Neuroscienze cognitive all’Università di Padova, e a Pietro Pietrini, ordinario di Biochimica clinica e Biologia molecolare clinica all’Università di Pisa. Come precisa il Corriere della Sera, i due dottori sono gli stessi che si sono occupati della strage di Erba.
Non resta ora infatti che chiedersi cosa abbia spinto la madre a commettere un simile omicidio. Stando a quanto precisa la Procura, la donna infatti era consapevole di quello che sarebbe potuto accadere lasciano la figlia a casa da sola per così tanti giorni. L'autopsia svolta nella giornata di ieri martedì 26 luglio ha chiarito che la piccola è morta di stenti: nessun segno evidente era presente sul suo corpo. Al vaglio dei medici ci sono ancora il latte contenuto nel biberon e trovato accanto alla piccola e il flacone di "En", un ansiolitico, ritrovato in casa. Si cercherà di capire nelle prossime ore se nel latte vi fosse del benzodiazepine e se sul beccuccio del biberon ci sia il Dna di Diana.
Il sospetto è che la donna possa averlo fatto assumere alla figlia per evitare così che il suo pianto richiamasse l'attenzione dei vicini. Se così fosse il giudice per l'indagine preliminare potrebbe accertare il dolo pieno e la premeditazione, come già richiesto dal pubblico ministero Francesco De Tommasi che indaga sull'accaduto. Possibile che nei prossimi mesi arriverà la decisione di procedere a giudizio con rito immediato.
I cittadini chiedono alla Procura una pena esemplare
Intanto tante sono le lettere e messaggi giunti in Procura in cui i cittadini chiedono della pena esemplare che per loro si tradurrebbe in un ergastolo. Intanto i cittadini si sono già riunioni la sera del 22 luglio in una fiaccolata nel quartiere Ponte Lambro a Milano dove abitava la piccola. Ai microfoni di Fanpage.it c'è chi tiene e precisare: "Ci aiutiamo tutte. Se solo avessimo avuto un segnale del suo disagio, chiunque l'avrebbe aiutata. Chiunque avrebbe segnalato quanto stava accadendo". Poi una signora del quartiere interviene dicendo: "Se non ce la fai chiedi aiuto. Ci sono le suore: se la bambina non la vuoi portala in chiesa".