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Chi sono gli uomini di Cosa Nostra vicini a Matteo Messina Denaro che facevano affari in Lombardia

Matteo Messina Denaro poteva contare su uomini di Cosa Nostra anche in Lombardia: ovvero esponenti della mafia trapanese residenti nel milanese. Qui facevano affari e continuavano a mantenere rapporti con la famiglia dell’ex latitante di Castelvetrano.
A cura di Giorgia Venturini
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Matteo Messina Denaro si nascondeva nella sua Campobello di Mazara. La sua porta di casa si trovava in un cortile piastrellato del piccolo paese in provincia di Trapani, il suo regno. Tutto ora è sigillato, finito sotto sequestro dopo il suo arresto del 16 gennaio. Matteo Messina Denaro si nascondeva come "un albero in una foresta", come lui stesso ha detto durante il suo primo interrogatorio in carcere davanti al procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia e il pubblico ministero Paolo Guido. Aveva scelto il territorio dove era nato ed era cresciuto per trascorrere almeno gli ultimi anni della sua latitanza. Il boss di Castelvetrano è morto lo scorso 25 settembre all'ospedale de L'Aquila per un tumore al colon.

Le radici di Matteo Messina Denaro non si nascondevano però solo in Sicilia. Aveva parenti all'estero e in altre parti d'Italia. Come in Lombardia, la regione in cui spesso ancora politica e istituzioni voltano la faccia dall'altra parte quando si parla di mafia. Lo ha dimostrato ancora una volta l'ultima operazione, denominata "Hydra", del pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano Alessandra Cerreti in cui sono state indagate a vario titolo, tra cui per associazione mafiosa, 153 persone e arrestate 11. O meglio, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano Tommaso Perna ha deciso l'arresto di "solo" 11.

Chi è il cugino di Matteo Messina Denaro residente ad Abbiategrasso

Tra gli indagati di "Hydra" è finito anche il 76enne Paolo Aurelio Errante Parrino, nonché il cugino, da parte di madre, di Matteo Messina Denaro. "Zio Paolo", così viene chiamato, vive ad Abbiategrasso, paese poco distante da Milano: qui ci è arrivato dopo che anni fa la magistratura lo ha mandato al "confino" in Lombardia. Così nei decenni scorsi sono arrivati molti uomini vicini alle organizzazione criminali: la Procura aveva pensato che una volta lontani dai loro territori avrebbero smesso di assecondare gli affari della mafia. Ma al Nord non hanno fatto altro che spostare i loro affar: in Lombardia hanno trovato un territorio fertile alle mafie, ben nascosto dietro l'omertà dei cittadini della zona.

"Zio Paolo" e la sua famiglia ad Abbiategrasso gestiscono il pub Las Vegas di via Legnano 57: a gestire il locale ora c'è la figlia. Ma perché ora Paolo Aurelio Errante Parrino, un uomo con già precedenti per associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, è ritornato nel mirino dei magistrati? In questi anni di latitanza ha avuto contatti diretti con Matteo Messina Denaro?

Le indagini hanno svelato che Parrino era il referente lombardo di Cosa Nostra della provincia di Trapani, con specifico riferimento al mandamento di Castelvetrano, quello di cui è a capo Matteo Messina Denaro. Nel 1997 la Corte d'Appello di Palermo lo aveva già condannato a 10 anni di carcere perché lo aveva riconosciuto come "un uomo d'onore della famiglia di Castelvetrano con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare per la realizzazione degli scopi illeciti dell'associazione".

L'operazione "Hydra" ha spiegato che Zio Paolo "rappresentava un punto di raccordo tra il sistema mafioso lombardo e l'ex latitante, a lui trasferendo comunicazioni relative ad argomenti esistenziali per l'associazione mafiosa".

Il ruolo di "Zio Paolo" all'interno di Cosa Nostra

L'indagato – secondo l'inchiesta della Procura – si occupava di qualsiasi necessità al Nord della famiglia dell'allora super latitante: tra i ruoli fondamentali c'era quello di risolvere le controversie tra gli affiliati. "Zio Paolo è Cosa Nostra", si sente dire da uno degli associati alla mafia residente al Nord in un'intercettazione.

Era lo "Zio Paolo" a mettere a disposizione degli associati i luoghi e uffici a lui riconducibili per permettere gli incontri tra affiliati: i summit per discutere controversie interne agli indagati avvenivano ad Abbiategrasso, in particolare modo – come riporta nell'ordinanza di custodia cautelare della Procura – nella sede degli Arredamentinox o nel bar Las Vegas. Qui sono stati accertati incontro il 17 settembre del 2020, il 23 settembre dello stesso anno, il 21 gennaio del 2021, il 13 aprile 2021. A tutti questi incontri ha partecipato Parrino.

Ma c'è di più: secondo i magistrati Parrino aveva messo a disposizione dell'associazione la propria sfera relazione politico-istituzionale intrattenendo confidenziali rapporti con esponenti politici di Abbiategrasso.

Chi sono gli affiliati alla mafia vicini a Matteo Messina Denaro che hanno agito in Lombardia

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In Lombardia la famiglia di Matteo Messina Denaro poteva contare su alcuni fedelissimi, ovvero persone di origini trapanesi riconosciuti affiliati alla mafia. Tra gli esponenti di spicco trapiantati alle porte di Milano c'è Bernardo Pace, detto "Dino", anche lui esponente mafioso della Provincia di Trapani, nel quale opera il mandamento di Castelvetrano. Così come il figlio Michele. Nei territori lombardi, secondo l'accusa, Bernardo Pace svolgeva diversi compiti per Cosa Nostra: tra questi, intratteneva rapporti con le altre organizzazioni criminali, conduceva attività economiche-finanziarie illecite e contribuiva all'alimentazione della cassa comune. Tra gli indagati, e anche lui riconosciuto dalla Dda di Milano come uomo di fiducia della mafia, c'è anche Diego Cislaghi: il suo incarico era quello di trasferire gli ordini e le comunicazioni tra "Zio Paolo", di cui era anche l'autista, e gli altri affiliati.

Insomma, la mafia di Matteo Messina Denaro stava anche in Lombardia. Lontana dei riflettori del Trapanese faceva affari senza mai spezzare il cordone con i loro territori d'origini. Chi ha aiutato il boss di Castelvetrano nei suoi 30 anni di latitanza è oggetto ora delle indagini della Procura di Palermo e degli altri magistrati d'Italia.

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