Chi può fare davvero qualcosa contro il caro affitti a Milano fra Comune, Regione e Governo
Non solo atenei ma palazzi del governo, ministeri, sale comunali, sedi di Regione. La protesta studentesca contro il caro casa, simboleggiata dalle tende e partita dal Politecnico di Milano, si è allargata a tutta Italia. A Milano prima si è spostata davanti alla sede del Comune, poi ha coinvolto anche Regione Lombardia. Mentre a Roma è arrivata anche al Ministero dell'Università. Ma chi ha la responsabilità di cambiare davvero le cose? Ne parliamo con Tomaso Greco, da tempo attivista a Milano contro i prezzi inaccessibili delle case e il costo della vita in città.
Con chi dovrebbero prendersela, gli studenti in rivolta?
Dovrebbero prendersela innanzitutto con chi non ha costruito studentati e non ha ammesso dei criteri di accesso appositi per alloggi accessibili. Ci sono stati dei bonus negli anni passati, ma elargire denaro senza una visione a lungo raggio (e spesso facendo regali a chi non ne ha effettivo bisogno) alla fine si rivela solo uno spreco di risorse pubbliche.
Si considera diritto allo studio la possibilità di pagarsi la retta universitaria e il materiale scolastico, ma non si tratta solo di questo. Diritto allo studio significa anche poter frequentare l'ateneo e tutta quella formazione complementare extra universitaria in termini di corsi, laboratori, occasioni di approfondimento e stimolo.
Quindi se la dovrebbero prendere con il Governo?
Una seria ed effettiva politica diritto allo studio spetta, ovviamente, al governo nazionale. Quindi, per semplificare, dovrebbero prendersela con i governi precedenti che non hanno fatto gli studentati o non ne hanno previsto un numero sufficiente, senza renderli realmente accessibili.
Poi, certo, gli studentati non si possono costruire da un giorno all'altro. Servono piani di edilizia pubblica, collaborazione tra parti politiche diverse, visione, investimenti sulle future generazioni. Tutte cose che in Italia scarseggiano.
Gli enti locali, come i Comuni o le Regioni, che ruolo hanno o possono avere in tutto questo?
A livello locale c'è un tema fondamentale: il trasporto. Una città più connessa con l'hinterland allarga l'area in cui gli studenti possono vivere frequentando davvero la città e l'università, senza essere costretti a un pendolarismo massacrante. Se i treni sono sempre in ritardo, trascurati e percepiti come insicuri, vivere nell'hinterland e studiare a Milano diventa molto difficile.
Gli studenti chiedono un tetto per gli affitti.
Non è una misura fattibile. In Europa, ad esempio, è stata istituita solo a Berlino – e quasi subito stralciata dalla Corte Costituzionale.
In ogni caso, gli affitti alti di Milano non sono un'anomalia rispetto ad altre grandi città europee. A essere un'anomalia rispetto all'Europa sono gli stipendi dei lavoratori. E il fatto che non esistano reali politiche di sostegno per chi studia.
Quali potrebbero essere quindi delle misure più fattibili per sostenere chi studia?
Nel breve tempo si potrebbe intanto pensare all'erogazione di bonus, o a un vero e proprio reddito per chi studia. Non solo per i fuori sede: in Italia, ricordiamolo, si esce di casa intorno ai 30 anni. E non certo perché siamo bamboccioni, ma perché rendersi indipendenti prima è quasi impossibile.
Per chi lavora, invece, si potrebbe pensare a un sistema per recuperare parte dell'affitto in busta paga. Sono misure più necessarie che mai: a Milano fa fatica a vivere anche chi ha uno stipendio medio. In pochissimi anni i prezzi dell'immobiliare sono aumentati del 40 per cento, mentre gli stipendi sono praticamente rimasti fermi dove erano.
Beppe Sala promette strette a Airbnb. Gli universitari promotori della protesta delle tende puntano il dito contro affitti brevi e piattaforme per il turismo. È quello il problema?
A mio parere è un problema relativamente marginale. Giusto regolamentare, per carità. Ma sinceramente non penso che, in assenza di questo tipo di mercato parallelo, i prezzi dell'immobiliare a Milano potrebbero tornare a essere abbordabili.
La protesta contro il caro affitti, nata in un ateneo milanese, si è allargata ormai a tutta Italia. Ha senso parlare di un problema nazionale? Oppure, in fondo, resta prettamente milanese?
Il tema del diritto allo studio anche per chi non ha risorse di famiglia alle spalle è di respiro nazionale, senza dubbio. Il tema del rapporto affitti-stipendi è invece decisamente più forte a Milano, anche se sta iniziando a farsi sentire in alcune aree a forte tensione abitativa.
Cosa pensi della protesta delle tende? La trovi efficace?
Il disagio è assai diffuso, e quindi tutto ciò che serve a risvegliare l'attenzione sul tema è da accogliere positivamente. Al tempo stesso ho trovato alcune istanze e proposte un po' ideologiche, per non dire fantasiose. Per cambiare le cose e costruire un futuro servono riflessioni più concrete.
Del resto, i desideri di chi studia e lavora a Milano sono la normalità, non richieste impossibili: alloggi per studenti accessibili, un buon rapporto tra affitto e stipendio per non dover lavorare più di metà del mese solo per pagare la casa.Era la normalità di Milano fino a qualche anno fa: venivi per studiare, restavi per costruire al meglio il tuo futuro. Oggi non è più così. Abbiamo un gran bisogno di tornare alla normalità, e di tornarci il prima possibile.