Chi era Youssef Barsom, il ragazzo di 18 anni morto carbonizzato in un incendio nel carcere di San Vittore
Si chiamava Youssef Moktar Loka Barsom il ragazzo di 18 anni morto per un incendio nel carcere di San Vittore: il giovane di origine egiziana era detenuto per rapina dal mese di luglio, in attesa del processo. Lo apprende l'AGI da fonti qualificate.
Secondo le prime ricostruzioni, il rogo si sarebbe sviluppato intorno alla mezzanotte tra giovedì 5 e venerdì 6 settembre. Ad appiccare l'incendio sarebbe stato proprio il 18enne, nato in Egitto il 5 febbraio 2006, insieme al suo compagno di cella. Un gesto non raro, che solitamente viene compiuto in segno di protesta. E che stavolta potrebbe essersi rivoltato contro i detenuti, sopraffatti dalle fiamme. Gli agenti della polizia penitenziaria intervenuti sono riusciti infatti a mettere in salvo solamente il compagno di cella della vittima, che ha riportato una lieve intossicazione: non c'è stato invece nulla da fare per l'altro ragazzo, rimasto intrappolato nel rogo e ritrovato ormai carbonizzato.
Solo uno dei tanti incendi appiccati per protesta dai detenuti a San Vittore, il carcere più sovraffollato d'Italia. "Non crediamo possa parlarsi di suicidio, ma è un'altra morte che si aggiunge ai 70 detenuti e ai 7 agenti che si sono tolti la vita dall'inizio dell'anno in quello che sempre più appare come un bollettino di guerra", è la dichiarazione di Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria.
Una morte drammatica, che racconta parecchio dello stato di crisi in cui versa il carcere milanese. Dove sono "letteralmente stipati 1.100 detenuti, a fronte di 445 posti disponibili, con un sovraffollamento di oltre il 247 per cento", sempre il sindacato. Senza contare la carenza di personale. "A San Vittore sono in servizio ad oggi 580 persone tra agenti, addetti agli uffici e ai servizi vari, mentre la casa circondariale richiedere almeno 700 lavoratori".
Intanto la Procura di Milano, con il pubblico ministero di turno Carlo Scalas, ha aperto un'indagine. Il magistrato attende le prime relazioni della Polizia penitenziaria su quanto accaduto e poi valuterà le ipotesi di reato e disporrà l'autopsia.