Chi è Davide Flachi, il figlio del boss della ‘ndrangheta arrestato con Franco Terlizzi
Lo chiamano "Il Gigante". Perché Davide "Davidino" Flachi è piccolino, sì, ma quando si tratta di far paura può tranquillamente guardare gli altri dall'alto verso il basso. "Ha le capacità, vedi che fa tremare". "Picchia di brutto, e poi essendo il figlio di...".
Il figlio del boss mafioso
Davide Flachi, arrestato insieme al suo prestanome nonché ex naufrago dell'Isola dei Famosi Franco Terlizzi, viene al mondo a Milano 43 anni fa, da Giuseppe "Pepè" Flachi.
Non un nome qualsiasi: è quello dello storico boss della Comasina. Nato a Reggio Calabria ma trapiantato nella periferia milanese, erede di Renato Vallanzasca e amico del capo ‘ndranghetista a Lecco Franco Coco Trovato, è morto qualche mese fa a 71 anni. "Ho fatto piangere delle persone, mi hanno fatto piangere a me", disse poco prima di morire. A lui e alla sua alleanza di ‘ndrine nel Nord Milanese vennero imputati, tra gli altri gravissimi capi d'accusa, almeno una decina di omicidi.
Eredità raccolta dal figlio Davide, in modalità contemporanea. È il simbolo della nuova stagione della mafia: non più spari in strada ma trattative con gli imprenditori e gli emissari delle cosche calabresi a Milano. "Prima lo rispettavano per il padre. Adesso per lui stesso".
Vita criminale
Un lasciapassare importantissimo, nell'universo della mala milanese. E una scuola di vita criminale per "Davidino". Hashish, marijuana, cocaina, armi ("I Kalashnikov me li porta un amico slavo"). Ma anche controllo del territorio, estorsioni e minacce, infiltrazioni nell'economia, riciclaggio di denaro sporco.
Le basi dell'associazione, un negozio di articoli sportivi e soprattutto l'officina di Cormano che gestiva insieme a Franco Terlizzi, pedina nel narcotraffico locale da quando faceva il buttafuori alla discoteca Hollywood.
L'officina come base
Qui i due avevano avviato anche una serie di truffe ad istituti assicurativi, ovvero organizzato falsi incidenti per poi riparare le auto e lucrare sui risarcimenti. A supportarli anche un ex carabiniere, finito nell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia denominata “Metropoli – Hidden Economy”, che ha portato agli arresti in tutto 13 persone.