Chi è Caterina Giancotti, la boss di ‘ndrangheta a Rho: “Vuoi che diventi cattiva?”
"Vuoi che divento cattiva? E io divento cattiva… allora vuoi fare lo stronzo. Ok, farò la stronza anch’io". E infatti Caterina Giancotti, la donna arrestata ieri nell'ambito della maxi operazione della Dda che ha smantellato la locale cosca della ‘ndrangheta a Rho (Milano), non è certo famosa per avere modi garbati. Al contrario: è il braccio destro di Christian Bandiera, figlio del boss Gaetano, e ha pian piano conquistato la sua stima grazie alla propria "tempra violenta".
Al punto da diventare lei stessa capo, con ruoli organizzativi e operativi ben definiti: è la prima volta, in Lombardia. Una donna al vertice di quella rete mafiosa che tentava di controllare il territorio tra Rho e Pero, hinterland milanese e zona ricca di interessi economici, che vorticano principalmente intorno all'indotto della Fiera di Milano. "Le regole le faccio io", la sentono dire al telefono.
La boss dalla "tempra violenta" che minacciava i debitori
Per i Bandiera Caterina Giancotti, nata a Triggiano (Bari) nel 1976 e già nota alle forze dell’ordine per falsità materiale, insolvenza fraudolenta, falsa attestazione a pubblico ufficiale, rissa e favoreggiamento personale, è una figura-chiave, da proteggere a tutti i costi. Una persona di fiducia, che "non ha mai fatto i nomi" quando è finita dietro le sbarre dopo essere stata sorpresa durante uno scambio di droga. Un osso duro, insomma.
Nonché bravissima a minacciare i debitori e mettere in riga chi doveva essere messo in riga ("Vuoi che divento cattiva? E io divento cattiva… allora vuoi fare lo stronzo. Ok, farò la stronza anch’io…", "Volete la faida familiare?"), così come a mettere pressione per conto del boss Christian Bandiera ("Vedete di mettervi d’accordo, che sennò quello fa la terza guerra mondiale"). Senza guardare in faccia nessuno, detta ultimatum e intimidazioni di ogni genere ("Tra mezzora cerca di essere qua, sennò veniamo a prenderti. Non ti permettere. Ti facciamo un casino che la metà basta").
Una donna al vertice del clan
Una donna a capo di un clan di ‘ndrangheta? Un elemento "evocativo di un modello culturale che cambia", secondo la pm della Dda Alessandra Cerreti, in merito all'esecuzione delle 49 misure cautelari che hanno smantellato l'organizzazione.
"Numericamente parlando, c'è una maggiore presenza di donne nel traffico di internazionale di droga. Donne che hanno una condotta attiva", ha commentato invece, interpellato da Fanpage.it, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. "Le mafie non sono una struttura statica. Mutano con il mutare sociale. Cambiano, come cambia e si muove la società". Tenendo conto che, insieme a Caterina Giancotti, a Rho sono state arrestate altre cinque donne. Ma solo a lei, Caterina, viene contestato un ruolo decisivo nell'organizzazione a delinquere. Da vera e propria boss.