Che fine faranno le persone trattenute nel Cpr di via Corelli a Milano dopo l’indagine della Procura
Nella giornata di oggi, venerdì 1 dicembre, i finanzieri del Comando provinciale di Milano hanno svolto un'ispezione al centro di Permanenza per il rimpatrio di via Corelli, da diverso tempo al centro di denunce di associazioni e avvocati per le condizioni di vita a cui sono costretti i rattenuti.
La Procura indaga sia per frode sull'assegnazione dell'appalto per la gestione del Centro, ma anche per le inefficienze sanitarie nei confronti dei migranti che sono in attesa del rimpatrio. Per gli inquirenti il gestore "simulava la presenza nel centro" di servizi che erano stati pattuiti, durante la stipulazione del contratto, con la Prefettura di Milano.
Questi servizi, in realtà, non sarebbero mai stati prestati "o comunque prestati in maniera largamente insufficiente".
Anche nell'inchiesta condotta da Altraeconomia, che aveva potuto visionare l'offerta tecnica presentata dalla società Martinina Srl, che gestisce il centro, era emerso che non venivano utilizzati mediatori culturali, non c'era una tutela legale né una assistenza sanitaria adeguata, così come erano falsi i protocolli d'intesa per svolgere attività all'interno del centro.
Come Fanpage.it ha più volte mostrato, molti migranti non sono stati sottoposti alle cure mediche necessarie. Nella maggior parte di volte "per mancanza di fondi". Non ci sono poi i medicinali e il servizio psicologico e psichiatrico è "largamente insufficiente". Sono inoltre assenti mediatori linguistici, non sono garantiti luoghi di culto o attività ricreative sociali e religiose, il cibo è scadente così come le condizioni igieniche.
In attesa che le indagini dei magistrati facciano chiarezza su quanto accaduto nel centro, ci si chiede cosa ne sarà adesso dei trattenuti. Lorenzo Figoni, socio dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, ha spiegato a Fanpage.it che gli scenari immaginabili sono due.
"L'Ente gestore potrebbe essere commissariato. Di conseguenza, subentrerebbe la Prefettura che dovrebbe trovare un nuovo ente gestore. L'altra ipotesi è che il Centro venga chiuso finché non riescano a trovare una soluzione diversa. Ovviamente l’auspicio è sempre che venga chiuso per non essere più riaperto”.
"Nel primo caso, quindi, le persone trattenute rimarrebbero nel Centro. Nel secondo invece, così come è successo quando il Cpr di Torino è stato chiuso a seguito di alcune rivolte, le persone sarebbero trasferite in altri Cpr sul territorio nazionale”, continua Figoni.
Le carenze emerse e a seguito delle indagini della Procura sono molto preoccupanti. Spingono, inoltre, a riflettere su quanto sia opportuno consentire l'apertura di nuovi centri per il rimpatrio: "Il governo in carica continua a spingere per l'apertura di nuovi centri in altre città d'Italia. E nel farlo, sostiene che vi saranno rispettati i diritti fondamentali o, nell'affermarne la necessità, insistono sulla narrazione per cui le persone che vengono inviate lì sarebbero tutte provenienti dal carcere”.
"In realtà quest'ultimo elemento è falso. La piattaforma realizzata da ActionAid, “Trattenuti”, mostra come le persone che arrivano dal carcere nei Cpr italiani tra il 2014 e il 2021 siano solamente il 12 per cento, mentre gli altri vengono semplicemente fermato in strada e portati nel Cpr solo perché sprovvisti di documenti".