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Strage di Paderno Dugnano

“Che cosa ha chiesto Dio”: il testo dell’omelia dell’arcivescovo al funerale delle vittime di Paderno Dugnano

Nella giornata di oggi, giovedì 12 settembre, si sono svolti i funerali di Daniela Albano, Fabio Chiarioni e il figlio 12enne uccisi dal primogenito 17enne a Paderno Dugnano (Milano). Il testo dell’omelia dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini.
A cura di Ilaria Quattrone
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Nella giornata di oggi, giovedì 12 settembre, si sono svolti i funerali di Fabio Chiarioni, Daniela Albano e del figlio 12enne uccisi a inizio settembre dal primogenito 17enne a Paderno Dugnano (Milano). La funzione si è svolta alle 14.30 nella chiesa di Santa Maria Nascente. È stata officiata dall'arcivescovo di Milano Mario Delpini. Alla celebrazione erano presenti oltre un migliaio di cittadini. Di seguito il testo dell'omelia dell'arcivescovo di Milano.

Il testo dell'omelia

L'omelia è iniziata con un riferimento al 12enne ucciso dal fratello 17enne.

Io mi immagino che accogliendo il 12enne il Signore Dio gli abbia detto: perché sei qui, così giovane? Da dove vieni? Che cosa sono queste ferite? Che cosa è stato della tua vita? Io mi immagino che abbia risposto: “Sono qui, a causa di mio fratello, il mio fratello grande, il mio fratello intelligente. È stato lui che ha interrotto il mio incubo notturno, mentre avevo l’impressione di essere inseguito da un mostro e mi sarei svegliato, penso, come al solito spaventato e rassicurato di essere ancora vivo. Ma in quella notte non mi sono svegliato, a causa di mio fratello, il mio fratello grande, il mio fratello intelligente”.

E il Signore Dio ha chiesto: “Che cosa è stato della tua vita? Che cosa sarà della vita di tuo fratello, senza di te?”Io mi immagino che abbia risposto: “Ecco, la mia vita è stata un inizio, la mia vita è stata un sogno. Forse qualcuno dirà che la mia vita è stata un niente. Ma invece io voglio essere un inno alla vita, io voglio vivere, vivere in eterno e voglio cantare alla vita, alla sua bellezza, alle sue promesse. Io voglio cantare la vita, anche per quelli della mia età che vivono tristi, arrabbiati, pessimisti. Io voglio cantare la poesia della vita, degli amici, del diventare grande, del coltivare speranze. Mio fratello mi ha impedito di diventare grande e inseguire sogni, ma continuo a vivere in questa gloria della tua casa, Signore, e voglio cantare l’incanto dell’amore, lo stupore del pensiero, il coraggio della fatica.

Come farà senza di me, il mio fratello grande, il mio fratello intelligente? Ecco io voglio stargli vicino sempre, io voglio consolare le sue lacrime, voglio calmare i suoi spaventi, voglio sperare con lui e per lui.
Ecco, sono vivo e voglio cantare la vita, perché sono qui con te, Signore Dio!”.

Subito dopo l'arcivescovo ha fatto un riferimento alla madre del 17enne, Daniela:

Io mi immagino che accogliendo Daniela il Signore Dio le abbia detto: “Perché sei qui, Daniela? Da dove vieni? Perché queste ferite?”.

Mi immagino che Daniela abbia risposto: “È stato il mio figlio grande, il mio figlio primogenito, il figlio di cui sono orgogliosa. È stato lui a spaventarmi nella notte, è stato lui a ferirmi con l’orrore del sangue dell'altro mio figlio e con il colpo che ha posto fine allo spavento e all’orrore. Per questo sono qui, Signore Dio”.

E il Signore Dio ha chiesto a Daniela: “Che cosa è stato della tua vita? E adesso che cosa sarà della vita di tuo figlio senza di te?”. E Daniela ha risposto: “Signore Dio, che posso dire della mia vita? Ecco, posso dire del mistero, di quel buio impenetrabile in cui si accende una luce.

Posso dire del mistero, di quella gioia sovrabbondante e indicibile in cui si accende una vita; di quell’enigma impenetrabile che diventano talvolta le persone che amiamo; di quelle parole incomprensibili che sconcertano e zittiscono. Posso dire del mistero: la mamma abita il mistero dell’amore, della vita, del generare e dell’accudire. La mamma abita il mistero e non sa come dire e non sa che cosa dire. La mamma abita il mistero ed è solo capace di amare.

Come farà senza di me, il mio figlio grande? La mamma mette al mondo e lascia partire i figli per la loro strada, ma io continuerò ad abitare il mistero, voglio ostinarmi a seminare una scintilla di luce, anche nel buio più cupo, voglio stare vicino a lui per continuare a rassicurarlo di fronte al mistero, infatti nel mistero abiti tu, Signore Dio, e io sono con te!”.

E infine il riferimento al padre del 17enne, Fabio:

Mi immagino che quando il Signore Dio ha accolto Fabio gli abbia detto: “Come sei arrivato qui? Che cosa sono queste ferite?”.

Mi immagino che Fabio abbia risposto: “È stato il mio figlio grande, quasi un uomo ormai. È stato lui che mi ha teso un agguato nella notte dello spavento, e non ho potuto, non ho voluto difendermi, pur essendo forte non ho usato la forza, lo spettacolo era troppo assurdo, troppo sbagliato, troppo, troppo insanguinato. Ma poi subito la vista si è oscurata, l’assurdo è scomparso e sei apparso tu, Signore Dio”.

E il Signore Dio ha chiesto a Fabio: “Che cosa è stata la tua vita? E ora che cosa sarà del tuo figlio che diventa uomo, senza di te?”.

E Fabio ha risposto: “Il mio figlio grande, quasi un uomo ormai, forse mi ha sentito come un peso, come un fastidio, come capita a tutti i figli che hanno momenti in cui sentono insopportabile il papà. Ma io ho parole da dire.

Ecco: il papà è uomo di parola, è uomo che ha parole da dire, è uomo che aiuta i figli a trovare le parole per dire di sé, della loro inquietudine e della loro speranza. Mio figlio non ha ancora imparato a esprimere in parole quello che dentro l’animo si agita, si aggroviglia, si raggela.

Voglio stare vicino a lui e aiutarlo a dire le parole giuste, a dare il nome giusto alla vita, anche al dolore, anche alla rabbia. La parola è già una medicina. Il papà, se ascolta la sua esperienza e ascolta la voce del Signore, sa la parola giusta, sa il discorso rassicurante, sa la parola che incoraggia, che corregge, che rimprovera, che perdona.

Ecco: sono vivo presso di te, Signore, per avere una parola da dire al mio figlio grande. Forse mi ascolterà, forse diventerà anche lui un uomo che conosce la parola della verità e la via della vita!”.

L'arcivescovo ha poi concluso:

Ecco: di fronte all’incomprensibile tragedia la parola del Signore ci aiuta a decifrare l’enigma e a raccogliere dal secondogenito, Daniela, Fabio il cantico della vita e della speranza giovane di un fratello, l’intensità dell’amore misterioso di una mamma e la responsabilità della parola vera di un papà.

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