“Cento bambini al giorno finiscono in ogni pronto soccorso di Milano per l’influenza”: l’analisi del pediatra
L'influenza non ha ancora raggiunto il suo picco stagionale, ma i pronto soccorso pediatrici milanesi sono già invasi di piccoli pazienti, i più esposti ai virus respiratori. L'ospedale Buzzi, per esempio, ha dovuto trasferirne alcuni a Brescia, Varese e Bergamo e Ats nei giorni scorsi ha raccomandato alle scuole di mandare a casa gli alunni che presentano sintomi simil-influenzali. "Il periodo dicembre-gennaio è sempre quello a maggior prevalenza di patologie respiratorie", ha spiegato a Fanpage.it il dottor Giuseppe Banderali, direttore di Pediatria dell'ospedale San Paolo dell'Asst Santi Paolo e Carlo e vicepresidente Nazionale della Società italiana di Pediatria: "In questi giorni, però, stiamo vivendo un periodo in cui ci sono tanti agenti insieme che stanno portando un iper afflusso nei pronto soccorso. Per fortuna, ormai i nostri reparti sono ben attrezzati per affrontare queste situazioni".
A cosa è dovuto questo iper afflusso nei pronto soccorso pediatrici?
Ogni anno, di solito prima di Natale ma a volte anche dopo, la pediatria vive un momento di iper afflusso come questo. Nei nostri presidi, del San Paolo e San Carlo, soprattutto dopo il ponte 7-8-9-10 dicembre riceviamo quasi 150 bambini al giorno. La situazione è sotto controllo, ma sono veramente tanti e i reparti abbastanza pieni.
Quest'anno, poi, non c'è una prevalenza di un agente rispetto a un altro. Per esempio, c'è il virus respiratorio, quelli influenzali, la persistenza di Covid, forse un aumento di aggressività nei mycroplasma e poi c'è sempre lo streptococco che ha fatto un po' da padrone negli ultimi mesi.
Come si sta comportando la classe pediatrica?
La classe pediatrica deve far fronte a un impegno notevole per far fronte a tutte le richieste di diagnosi e terapia dei bambini, che tra l'altro più sono piccoli più sono coinvolti in questa situazione. Ormai, però, i pronto soccorso e i reparti sono attrezzati per fare diagnosi eziologiche molto più precoci del passato.
A differenza di qualche tempo fa, quando il pediatra dimetteva il paziente con una diagnosi, per esempio, di faringite, adesso riusciamo a farne una molto più specifica che consente di iniziare una terapia più adeguata.
Il grande afflusso di questi giorni è dovuto anche a una carenza di personale medico?
Dobbiamo considerare il fatto che veniamo da giorni (7-8-9-10 dicembre, ndr) in cui la diagnosi è stata a carico soltanto degli ospedali. I nostri reparti , invece, sono aperti 24 ore su 24 e per 365 giorni all'anno quindi sì, magari stiamo venendo incontro a richieste che in altri momenti sarebbero state filtrate da altre tipologie di pediatria. Questo sicuramente ha incrementato un po' i numeri nei pronto soccorso.
Milano sembra essere la città in cui si sta soffrendo di più questa ondata di influenza.
Sì, ma perché semplicemente la provincia di Milano fa più di 4 milioni di abitanti, quasi la metà della Lombardia. È logico che in casi di crescita esponenziale qui si percepisce di più che da altre parti. A me risulta che queste epidemie siano presenti in tutte le province, ma è ovvio che se ho un bacino di utenza di 700mila persone ho sette volte potenzialmente i bambini di una realtà di 100mila. Milano, quando c'è un evento eccezionale, ne risente più che altre città.
Stiamo fronteggiando il picco influenzale o deve ancora arrivare?
In genere i picchi sono previsti nel mese di gennaio, ma, appunto, sono previsioni. A dicembre c'è sempre l'inizio, poi bisognerà vedere come si sviluppa. Adesso abbiamo la capacità di contrastare l'influenza con adeguate vaccinazioni e un'educazione sanitaria che dovremmo aver imparato bene dal Covid-19, come il lavarsi bene le mani. Poi se uno è malato è bene evitare i posti affollati, così da non diffondere, anche perché ci si ammala più dentro una stanza chiusa che fuori.
Come sta procedendo la campagna vaccinale?
La campagna vaccinale è in pieno svolgimento, quindi non abbiamo ancora dati ufficiali. Però come dice la canzone "si può fare di più", sempre. Ognuno di noi potrebbe fare di più nel vaccinare chi nella nostra famiglia è più fragile perché poi non si tratta solo di prendere l'influenza e stare male qualche giorno, perché dopo c'è una immunodeficienza che lo debilita e lo rende più suscettibile ad altri infezioni.