Caso StraBerry: “Siete dei poveracci africani”, le offese di d’Alcontres ai braccianti sfruttati
Lavoravano sotto la costante minaccia di essere licenziati i quasi cento lavoratori della Cascina Pirola di Cassina de' Pecchi sequestrata dai carabinieri che hanno portato alla luce un sistema di caporalato che andava avanti da anni. Nell'azienda che fa capo alla società StraBerry di proprietà del 32enne messinese di nobili origini ed ex bocconiano Guglielmo Stagno d’Alcontres, le condizioni lavorative erano contro ogni norma e rispetto della dignità personale e lavorativa.
D'Alcontres era soprannominato il grande capo
Una situazione che traspare anche dalle intercettazioni nelle quali è lo stesso d’Alcontres a definire il metodo di lavoro "di terrore": "Con loro devi lavorare in maniera tribale – spiegava al suo interlocutore – tu devi fare il maschio dominante". Ed è per questo che secondo quanto testimoniato da alcuni dipendenti agli inquirenti, il 32enne fondatore dell'azienda premiata per bene due volte dal Coldiretti con l'Oscar Green, era soprannominato dai braccianti il "Capo grande", con potere assoluto su di loro. Ed effettivamente i lavoratori, quasi tutti extracomunitari, che venivano pagati 4.50 euro all'ora, quasi la metà di quanto spettava loro in realtà, non potevano protestare contro le decisioni "del capo", poiché la risposta sarebbe stata per loro essere sottoposti alla punizione del "ban lavorativo", ovvero una pausa forzata e non retribuita.
Mi sono allontanato dai campi per andare a bere e sono stato licenziato
D'Alcontres però non è l'unico indagato nell'inchiesta della procura di Milano che fa capo al pm Gianfranco Gallo: nel registro degli indagati con le accuse di sfruttamento del lavoro e intermediazione illecita è stato iscritto anche Enrico Fadini, considerato il "Capo piccolo": "Ogni giorno bisognava raccogliere almeno 25 cassette, il minimo consentito – spiega uno dei braccianti, un giovane proveniente dalla Sierra Leone – quando lo scorso 6 giugno mi sono allontanato dai campi per andare a bere, sono stato cacciato e costretto a firmare una lettera di dimissioni. Il "Grande Capo" ha iniziato a urlarmi in faccia che dovevo firmare la lettera, mi ha detto che siamo dei poveracci africani che non hanno niente e mi ha spintonato violentemente provando a buttarmi fuori dall’ufficio".