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Arrestati Stefania Nobile e Davide Lacerenza

Caso Gintoneria a Milano, il giro di escort e la droga: cosa rischiano Davide Lacerenza e Stefania Nobile

L’avvocato Paolo Di Fresco ha spiegato a Fanpage.it cosa rischiano Davide Lacerenza e Stefania Nobile, arrestati per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e autoricilaggio.
A cura di Alice De Luca
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Stefania Nobile (foto da LaPresse) e Davide Lacerenza (foto da Facebook)
Stefania Nobile (foto da LaPresse) e Davide Lacerenza (foto da Facebook)
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Secondo i pm avrebbero offerto pacchetti di "servizi all inclusive" a base di cocaina, escort e champagne d'annata per i clienti della Gintoneria, il celebre locale in via Napo Torriani, a Milano. Per questo Davide Lacerenza e la sua "socia occulta", nonché ex compagna, Stefania Nobile, sono finiti agli arresti domiciliari con le accuse di autoriciclaggio e favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Il primo è indagato anche per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. 

Stando a quanto ricostruito dalle indagini della Guardia di Finanza i due, insieme al braccio destro di Lacerenza, Davide Ariganello, avrebbero organizzato serate con escort, droga e alcolici per i frequentatori più ricchi della Gintoneria, disposti a pagare tra i 3mila e 10mila euro a notte. Dalle indagini emerge però che un cliente sarebbe arrivato a sborsare anche 70mila euro per una sola serata. Servizi, questi, che potevano essere consumati nel "privé" della Gintoneria, il "locale rosa", adibito "unicamente al consumo delle prestazioni sessuali", oppure potevano essere consegnati a domicilio.

L'avvocato penalista del foro di Milano, Paolo Di Fresco, intervistato da Fanpage.it, ha spiegato cosa rischierebbero Davide Lacerenza e Stefania Nobile qualora venissero confermati i capi di accusa per i quali risultano ora solo indagati.

Quando si configura e che cosa si rischia per il reato di sfruttamento della prostituzione?

La legge punisce con la reclusione da due a sei anni chiunque, in qualsiasi modo, sfrutti la prostituzione altrui, cioè tragga un utile economicamente apprezzabile dal meretricio altrui. La stessa pena è prevista per il favoreggiamento che consiste, appunto, nel favorire o agevolare la prostituzione altrui, ad esempio mettendo in contatto il cliente con la prostituta o comunque creando le condizioni oggettive perché il meretricio possa realizzarsi.

Nel caso specifico, la Procura della Repubblica ha ipotizzato entrambi i reati, dal momento che gli indagati non avrebbero soltanto tollerato la prostituzione nel locale ma avrebbero offerto ai clienti dei veri e propri “pacchetti” a domicilio, che comprendevano droga ed escort.

L'avvocato Paolo Di Fresco
L'avvocato Paolo Di Fresco

Quando si configura il reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e che cosa rischia chi lo commette?

Commette il reato di traffico di sostanze stupefacenti chi vende, offre, cede, commercia o comunque procura ad altri sostanze stupefacenti o psicotrope. Il reato è punito con una pena particolarmente severa: la reclusione da sei a vent’anni e la multa da 26.000 a 260.000 euro.

In che cosa consiste, infine, il reato di autoriciclaggio e che cosa rischia chi lo commette? In cosa differisce dal riciclaggio?

L’autoriciclaggio, punito con la pena della reclusione da due a otto anni e la multa da 5.000 a 25.000 euro, consiste nell’attività economica, finanziaria, imprenditoriale o speculativa in cui chi ha commesso un delitto impiega i proventi ottenuti dal delitto stesso con l’intenzione di ostacolarne l’identificazione. In altre parole, costituiscono autoriciclaggio tutte quelle attività che impediscano di collegare i proventi illeciti alle attività criminali da cui derivano.

La differenza principale con il riciclaggio va individuata nell’autore della condotta: nel riciclaggio chi ha commesso il reato e chi s’incarica di ripulire il danaro sono individui diversi, nell’autoriciclaggio a ripulire i proventi illeciti è invece la stessa persona che ha commesso il reato. Nel caso specifico, la Procura di Milano ha dunque ritenuto che gli indagati abbiano investito, in modo da nasconderne l’origine illecita, i ricavi delle attività di spaccio e sfruttamento della prostituzione.

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