Caso Genovese, la 18enne violentata: “Continuava a darmi droga: ho capito che ero in pericolo”
Una festa diversa dalle altre alle quale aveva partecipato sempre lì, alla "Terrazza Sentimento" di Alberto Genovese. Quella sera, la sera della violenza, infatti nella lussuosa casa nel centro di Milano di proprietà dell'imprenditore 43enne c'erano poche persone e poco conosciute, tutte perlopiù donne, al contrario delle altre due feste in cui personaggi del mondo della moda e della musica si alternavano a volti meno noti. Ed è quella sera che la 18enne che ha denunciato Genovese per violenza sessuale, ha deciso di raggiungere Terrazza Sentimento con l'amica. Il suo è un racconto dettagliato di quanto accaduto prima e dopo le terribili ore in cui si è consumata la violenza: l'enorme quantità di droga che circolava, cocaina e cocaina rosa, sempre a disposizione di tutti e il fatto che quella sera l'imprenditore che ora si trova nel carcere di San Vittore avesse offerto alla vittima.
Lui ci aveva puntate: era molesto nei nostri confronti, ci seguiva
La 18enne racconta di essere giunta a casa di Genovese intorno alle 20.30 con l'intenzione di andare via prima delle 23 per unirsi a un'altra festa che si sarebbe tenuta altrove, non conoscevano nessuno direttamente, nemmeno lo stesso imprenditore che però, racconta la giovane vittima in un'intervista a Corsera, sembrava aver "puntato" sia lei che la sua amica: "Io non ricordo molto ma la mia amica mi ha detto che intorno alle 22.30 avevamo deciso di andarcene anche perché lui aveva cominciato ad essere molto molesto nei nostri confronti, ci seguiva. Era come se ci stesse puntando. Infatti, ci siamo dette: Stiamo sempre insieme, non ci separiamo mai". Un monito che a quanto pare non è bastato: poco dopo infatti la 18enne assume volontariamente una sostanza stupefacente e si ritrova senza nemmeno sapere come nella camera di Genovese: "Non so come ci sono entrata. Ero sveglia, ma completamente andata. Non ricordo niente", spiega.
È in queste ore di buio che si sarebbe consumata la violenza sessuale, un vero e proprio sequestro durato circa 20 ore e terminato con la vittima che dopo aver ripreso coscienza intima all'imprenditore di restituirle il cellulare e di liberarla. La prima chiamata la fa all'amica con la quale era giunta alla festa che raggiunge di nuovo l'appartamento di Genovese: "O mi fai scendere o lei chiama qualcuno", le intime lui che la lascia andare. È lì in strada che ferma una volante della polizia alla quale chiede aiuto. "Da quando mi sono svegliata sul letto. Credevo di aver avuto un incubo. Ricordo di avergli detto “Ma dove siamo andati ieri sera?”. Solo dopo l’arresto ho saputo quello che era accaduto. Ho solo alcuni flash di quello che è accaduto. Avevo la sensazione che fosse successo qualcosa, ma era tutto talmente assurdo che ho pensato che fosse impossibile. Poi hanno cominciato a sovrapporsi i ricordi, i dolori, le manette, lui che si comportava in modo violento e voleva ancora costringermi ad assumere droga. “Pippa”, diceva. Ho capito che ero in pericolo di morte e ho mandato messaggi alla mia amica con il telefonino".
Nessun pranzo con gli amici di Genovese e nessun risarcimento
E sulla notizia di un presunto incontro a pranzo con alcuni amici di Genovese prima che cambiasse avvocato, con tanto di proposta di risarcimento, spiega: "Abbiamo preso solo un caffè con delle persone tra cui alcune che tempo fa hanno avuto rapporti con lui – spiega la 18enne a Corsera – ho cambiato avvocato tramite conoscenti che non hanno alcun collegamento con Genovese. Volevo un professionista esperto e stimato. Non ci sono trattative in corso per un risarcimento". Ora il suo desiderio è che di questa storia si parli sempre di meno così da poter aver la possibilità di riprendere gli studi e diplomarsi.