Caso Eitan: cos’è la convenzione dell’Aja che potrà cambiare il destino del bimbo
È iniziata questa mattina la seconda udienza a Tel Aviv che deciderà sul ritorno in Italia di Eitan, il bambino di 6 anni unico sopravvissuto alla strage del Mottarone e rapito lo scorso 11 settembre dal nonno materno e portato in Israele. Certo è che i giudici per la decisione finale non potranno non tenere in considerazione la Convenzione dell'Aja, l'accordo internazionale firmato sia da Israele che dall'Italia sul contrasto alla sottrazione di minori. Convenzione dunque che non può non essere citata nel caso del rapimento di Eitan: il nonno paterno lo scorso 11 settembre con la scusa di trascorrere qualche ora con il nipote è andato a prenderlo dalla zia paterna, l'unica tutrice legale secondo la Procura italiana, e senza informare nessuno in Italia lo ha caricato su un aereo privato per Israele. Ma in cosa consiste la Convenzione dell'Aja? E quando può essere attuata?
La Convenzione dell'Aja
La Convenzione è stata firmata dagli Stati aderenti, Italia e Israele sono tra questi, nel 1980: tutti i membri aderenti si sono impegnati a contrastare la sottrazione internazionale di minori. Secondo quanto citato dal documento quindi portare un minore in un altro Paese, senza il consenso di chi la responsabilità genitoriale, é ritenuto un illecito: o meglio "quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati a una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro". Per questo i consulenti legali del governo israeliano interpellati nei giorni successivi quel pomeriggio dell'11 settembre si sono espressi a favore della Convenzione dell'Aja e quindi al ritorno in Italia di Eitan. La decisione finale spetterà comunque ai giudici del Tribunale di Tel Aviv.
Quando può essere attuata la Convenzione dell'Aja
Come ogni accordo internazionale ci sono dei requisiti e delle regole che gli Stati firmatari devo seguire per attuare la Convenzione. Le procedure previste dall'accordo si applicano prima di tutto se lo Stato di residenza del minore prima della sottrazione e lo Stato in cui il bambino è stato portato (quello che viene chiamato come Stato di rifugio) hanno entrambi ratificato o aderito alla Convenzione, accettando reciprocamente l'adesione dell'altro Stato. Come nel caso di Italia e Israele. E ancora: il minore sottratto deve avere meno di sedici anni. La persona che può appellarsi alla Convenzione deve essere chi ha la responsabilità genitoriale sul minore e lo era soprattutto al momento della sottrazione. Per questo è stata la zia paterna di Eitan, unico tutore legale riconosciuto, a chiedere immediatamente in via legale il ritorno del nipote in Italia: la donna si trova ora in Israele e il suo obiettivo è quello di riportare a casa Eitan. Ad appellarsi alla Convenzione deve però essere anche lo Stato italiano: la procedura per ottenere il ritorno di un minore sottratto illecitamente, infatti, è normalmente promossa dall’autorità centrale dello Stato in cui il minore aveva la residenza abituale prima della sottrazione, su richiesta della persona che lamenta la sottrazione.
Quando il giudice dello Stato di rifugio può dare l'ordine di ritorno del bambino
Prima di emettere una possibile sentenza a favore il giudice di Tel Aviv dovrà accertarsi di alcuni particolari. Ovvero che il minore sottratto abbia meno di 16 anni e se prima della sottrazione il minore aveva effettivamente la residenza abituale nello Stato in cui si chiede il ritorno. Il giudice deve anche accertarsi che a chiedere il ritorno in Italia sia il titolare della responsabilità genitoriale. Infine dovrà essere accertato che la sottrazione sia stata fatta senza il consenso di chi ha la responsabilità genitoriale. Per la Convenzione importante sono anche le tempistiche: pur non essendoci un limite massimo entro cui presentare la richiesta di ritorno, i magistrati dovranno assicurarsi che la sottrazione sia avvenuta da meno di un anno o, se è avvenuta da oltre un anno, se il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente. Tutti requisiti soddisfatti nel caso di Eitan lasciando pensare a un possibile ritorno del piccolo in Italia. A decidere però sarà il giudice: per ora il piccolo resta con la famiglia materna in Israele.