Caso camici, perché il ricorso della Procura metterebbe a rischio la candidatura di Fontana alle Regionali
Non è trascorso nemmeno un mese dalla notizia del proscioglimento del presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, nell'inchiesta sul caso camici. In quello stesso giorno, il Governatore – rispondendo alle domande dei cronisti su una sua eventuale ricandidatura alle elezioni regionali 2023 – affermava che quella sentenza, emessa dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano Chiara Valori, gli dava una maggiore serenità. Una tranquillità che però adesso potrebbe essere messa a rischio dal ricorso presentato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pubblici ministeri Paolo Filippini e Carlo Scalas.
Quando potrebbe svolgersi la prima udienza
In base a quanto apprende Fanpage.it, difesa e accusa potrebbero incontrarsi in Corte d'Appello dopo l'estate e orientativamente a ottobre 2022. Questo significa che, qualora il ricorso dovesse essere accettato e non rigettato, la prima udienza potrebbe esserci tra la fine del 2022 e l'inizio del 2023, che come è ben noto è l'anno in cui in Lombardia si svolgeranno le elezioni regionali:"La pubblica accusa ha diritto a fare ricorso – spiega a Fanpage.it l'avvocato Jacopo Pensa, legale di Fontana -. Certo è che, nonostante il giudice abbia dato torto alla loro tesi, i pubblici ministeri, impugnando la sua sentenza, dimostrano di non essersi rassegnati". Al di là degli aspetti prettamente giuridici, il ricorso potrebbe oltre modo rappresentare un ostacolo da non sottovalutare sia per il Governatore che per la Lega. Un elemento che potrebbe influire sull'esito delle elezioni tanto da spingere eventuali alleati a scartare l'ipotesi Fontana. Resta quindi da capire come deciderà di muoversi il Carroccio.
Che cos'è il caso camici
Oltre al Governatore Fontana, il giudice aveva prosciolto il cognato Andrea Dini, proprietario della Dama Spa, il vicesegretario generale di Regione Pier Attilio Superti, il dg Filippo Bongiovanni e la dirigente di Aria, Carmen Schweigl. I cinque erano accusati di frode in pubbliche forniture: per gli inquirenti, avrebbero "trasformato" il contratto stipulato tra Dama e Regione per una fornitura di dispositivi di protezione individuale in una donazione con l'obiettivo di tutelare l'immagine politica di Fontana da un possibile conflitto d'interesse causato dal legame di parentela tra il Presidente di Regione e Dini.
Dopo due anni di indagini, il 13 maggio scorso, il giudice aveva stabilito che non vi era stata alcuna frode: per il gup "non vi fu inganno" considerata che la trasformazione in una donazione "è stata operata in chiaro" ed è stata espressamente dichiarata.