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Caso camici in Regione Lombardia

Caso camici, l’ipotesi della firma falsa della madre di Fontana per aprire il conto a Lugano

Tra i dubbi da sciogliere sul caso camici che vede coinvolto il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana c’è ora anche il sospetto che la firma della madre per aprire il conto da 5 milioni e 300mila euro a Lugano sia falsa. Il dubbio è stato sollevato da una consulenza grafologica chiesta dalla Procura di Milano che indaga sul capitale ereditato dal governatore, gli oltre 5 milioni di euro passati in precedenza attraverso due trust alle Bahamas e poi scudati nel 2015 con la voluntary disclosure. Ora gli inquirenti stanno cercando di capire se l’eredità del genitore possa nascondere un’evasione fiscale.
A cura di Giorgia Venturini
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Non è solo l'accusa di autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure a preoccupare il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana in questi giorni, ma ora c'è anche l'ipotesi che la firma dalla madre di Attilio Fontana usata per aprire il conto all’Ubs di Lugano nel 2005 sia falsa. Il dubbio è stato sollevato da una consulenza grafologica chiesta dalla Procura di Milano che indaga sul capitale ereditato dal governatore dalla madre: oltre 5 milioni e 300 mila euro, passati in precedenza attraverso due trust alle Bahamas e poi scudati nel 2015 con la voluntary disclosure. Ora gli inquirenti stanno cercando di capire se l'eredità del genitore possa nascondere un'evasione fiscale. Un'evasione che, anche se risulterebbe tale, oggi però sarebbe ritenuta prescritta. "Fontana è stupefatto sull'ipotesi è che la firma della madre possa essere falsa: per ora in mano non abbiamo ancora nessuna carta. Bisogna rintracciare i documenti del 2005. Certo però è che la firma nel tempo può cambiare", spiega a Fanpage.it l'avvocato Jacopo Pensa, al fianco del governatore fin dall'inizio del "caso camici" scoppiato la scorsa primavera.

E bisogna risalite proprio a maggio dello scorso anno quando scoppia l'inchiesta prima di Report e poi della Procura. Il conto in Svizzera al centro delle indagini finisce nel mirino degli inquirenti dopo che l'azienda del cognato di Fontana, la Dama spa, è stata incaricata dalla centrale acquisti regionale Aria spa della fornitura di 75mila camici e dispositivi di protezione del valore di mezzo milione di euro. Fontana, una volta sollevata l'inchiesta, dice di non saperne nulla ma intanto il contratto è stato già trasformato in donazione nella speranza di evitare ulteriori problemi. A perderci è il cognato: così per rimborsarlo del denaro perso il governatore leghista cerca di pagare il parente di tasca propria con 250mila euro.

Soldi che arrivano proprio dal conto in Svizzera. In poco tempo l'operazione finisce nel mirino dell'antiriciclaggio della Banca d'Italia e nelle mani della Guardia di Finanza. A distanza di mesi il sospetto è che quegli oltre 5 milioni di euro, scudati nel 2015 con la voluntary disclosure, possano nascondere un'evasione fiscale. Per questo Fontana ora risulta indagato per anche per autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure. Oltre che per frode in pubbliche forniture. Per l'avvocato di Fontana però "tutto il denaro è stato scudato e sono state pagate tutte le imposte dovute. Non si sa perché questa voluntary deve risultare così sospetta", ribadisce a Fanpage.it. Secondo i pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas, coordinati dall’aggiunto Maurizio Romanelli, solo 3 dei 5,3 milioni presenti nel conto Ubs aperto nel 2005 sarebbero arrivati da un precedente conto aperto nel 1997 dalla madre dell'ex sindaco di Varese, dentista in pensione. Resta quindi da capire da dove siano spuntati gli altri 2,3 milioni e se quella firma della madre usata nel 2005 sia realmente falsa o no.

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