Caso camici, il 13 maggio si deciderà se Fontana sarà rinviato a giudizio
Non è stata presa alcuna decisione relativamente all'inchiesta sul caso camici che vede coinvolto il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana. Durante l'udienza preliminare che si è svolta oggi, venerdì 18 marzo, a Milano alla presenza del giudice Chiara Valori è stato deciso che il 29 aprile parleranno le difese mentre il 13 maggio dovrebbe arrivare la decisione. I pubblici ministeri, Paolo Filippini e Carlo Scalas, hanno ribadito la richiesta di rinvio a giudizio non solo nei confronti del Governatore, ma anche degli altri quattro indagati. Tra questi c'è il cognato di Fontana, Andrea Dini.
Le accuse nei confronti degli indagati
Tutti e cinque sono accusati di frode in pubbliche forniture. L'inchiesta fa riferimento alla prima ondata di Covid-19 quando Regione era in cerca di dispositivi di protezione individuali tramite la controllata Aria Spa. All'epoca – è aprile 2020 – la Dama Spa (azienda controllata al 90 per cento dal cognato di Fontana) ottenne un contratto da mezzo milione di euro per una fornitura di 75mila camici. Questo venne trasformato in una donazione ed è qui che secondo gli inquirenti ci sarebbe la frode: secondo le indagini della Procura la trasformazione avvenne per "tutelare l'immagine politica" di Fontana da un conflitto di interesse dovuto al legame di parentela. Il Governatore, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe poi dato un risarcimento di 250mila euro al cognato.
Gli avvocati di Fontana: Lettura molto accusatoria dei fatti
"I pubblici ministeri hanno dato una lettura molto accusatoria dei fatti", ha detto l'avvocato difensore di Fontana, Jacopo Pensa. Per il legale non è necessario andare a giudizio. Il collega Federico Papa ha poi aggiunto che per i difensori non c'è stato alcun danno alla pubblica amministrazione: "Si è trattato di una donazione" affermando che non sia nessun pagamento e nemmeno una parte offesa.