Caso camici, capo segreteria di Fontana: “Sbigottito da contratto con azienda del cognato”
Attilio Fontana "sbigottito" quando ha saputo del contratto per l'acquisto di 75mila camici tra Aria spa, la centrale acquisti regionale, e l'azienda di suo cognato, la Dama spa. È la versione di Giulia Martinelli, capo segreteria del governatore lombardo ed ex compagna del leader della Lega Matteo Salvini, messo a verbale nell'ambito delle indagini difensive condotte da Jacopo Pensa, legale del presidente della Lombardia.
La versione di Giulia Martinelli, capo segreteria di Fontana
Il legale di Fontana, indagato per frode in pubbliche forniture nell'inchiesta della Procura di Milano sul "caso camici", insieme al cognato Andrea Dini e a due dirigenti di Aria, ha consegnato la memoria difensiva questa mattina al procuratore aggiunto Maurizio Romanelli.
Le indagini difensive dell'avvocato del governatore
La difesa del governatore conta, con questa testimonianza, di dimostrare che Fontana non sarebbe stato a conoscenza della fornitura fino all'11 o 12 maggio. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, infatti, il 10 maggio il direttore generale di Aria, Filippo Bongiovanni informò Martinelli che, tra i tanti contratti siglati con le aziende lombarde che avevano riconvertito la produzione per far fronte all'emergenza coronavirus, c'era anche quella del cognato di Fontana. Informazione che Martinelli girò immediatamente al governatore. E la reazione del governatore, descritto dal capo della sua segreteria come "stupito" e "sbigottito", proverebbe la sua estraneità.
In seguito, secondo quanto dichiarato dallo stesso Fontana in Consiglio regionale, il governatore avrebbe convinto il parente a trasformare la fornitura in donazione per evitare problemi e accuse di conflitto di interessi.
La ricostruzione dei pm
Gli inquirenti milanesi hanno ricostruito come il 20 maggio scorso Dini, con una mail, abbia comunicato ad Aria di voler trasformare la fornitura in donazione parziale con la consegna di 50 mila camici. L'imprenditore avrebbe però cercato di vendere gli altri 25 mila camici, ora sotto sequestro, a 9 euro l'uno per cercare di rientrare in parte del mancato profitto. Lo proverebbe una chat su whatsapp con la presidente di una onlus di Varese.
Il conto in Svizzera e i capitali "scudati"
Sempre secondo i pm, per cercare di risarcire il cognato per i mancati introiti, Fontana avrebbe cercato di fargli avere 250 mila euro tramite bonifico da un suo conto in Svizzera, su cui aveva convogliato 5 milioni di euro "scudati" da conti alle Bahamas, parte dell'eredità della madre. L'operazione è finita nel mirino dell'antiriciclaggio della Banca d'Italia come sospetta per poi essere segnalata alla guardia di finanza e alla Procura milanese.