Case popolari, Comune di Milano contro Regione Lombardia: “Rivedere le regole per l’assegnazione”
Aut aut del Comune di Milano a Regione Lombardia sul tema delle case popolari. L'assessore milanese alle Politiche sociali e abitative, Gabriele Rabaiotti, nel corso di un incontro con la stampa che si è tenuto questa mattina ha annunciato che Palazzo Marino ha chiesto, tramite una lettera, a Palazzo Lombardia di rivedere entro il 31 ottobre le regole per l'assegnazione degli alloggi popolari. In alternativa il Comune è pronto a uscire con un nuovo bando – oltre a quello 880 pubblicato a settembre 2019 – per "immettere nuova domanda" ed evitare di rimanere bloccati dalle strettoie che la normativa regionale sta comportando.
Rabaiotti: Il Comune di Milano non chiederà il certificato di non possidenza per gli stranieri
Due, in particolare, sono i punti che il Comune chiede alla Regione di cambiare. Uno riguarda il certificato di non possidenza per gli stranieri. Si tratta di un documento che i cittadini stranieri devono produrre per dimostrare di non avere redditi nel proprio Paese di origine. Sul punto nel luglio scorso il tribunale ordinario si era espresso dichiarando il criterio "discriminatorio" e, anche per questo motivo, il Comune ha deciso di eliminare il certificato dalle richieste: "Visto che Regione ha fatto appello contro la sentenza se il tribunale dirà che ha ragione, ritorneremo sui nostri passi, ma in questo momento applichiamo l'ordinanza del tribunale e quindi nessun cittadino straniero dovrà più portare i certificati che dicono che lui non è in possesso di patrimonio immobiliare nel suo paese d'origine. La stragrande maggioranza del mondo non è, infatti, in grado di produrre questi certificati".
La seconda richiesta alla Regione riguarda la separazione tra i bandi del Comune e quello di Aler: "La possibilità, introdotta dal nuovo bando, di poter esprimere cinque preferenze mischiando in maniera indistinta alloggi Mm (di proprietà del Comune, ndr) e alloggi Aler (di proprietà della Regione, ndr) ha rallentato la procedura, portando spesso Regione e Comune a svolgere l'istruttoria e la verifica sulla stessa famiglia, rallentando le procedure". Rabaiotti ha fornito anche alcuni numeri relativi all'intoppo che il nuovo regolamento attivo da gennaio 2020 starebbe comportando: "Da gennaio 2019 a settembre 2019 il vecchio bando ha prodotto, sulle sole case comunali, l'assegnazione di 456 alloggi. Mentre da gennaio 2020 a settembre 2020 le assegnazioni sono state in totale 148: poco più di un quarto. Dal 2017 al 2019 riuscivamo ad assegnare circa mille alloggi, portando questo numero da 600, nel 2014, in un paio di anni fino a 1.200".
Per l'assessore Rabaiotti il problema è che "il bando 880 parte dall'offerta e non dalla domanda": una volta esauriti gli alloggi disponibili messi a gara, altre abitazioni che dovessero rendersi disponibili possono essere assegnate solo con una nuova gara. "Un'ordinanza regionale che a maggio si è accorta di questo intoppo ha consentito ai comuni, nel caso in cui avessero prodotto nuovi alloggi assegnabili, di poterli aggiudicare andando avanti con la graduatoria raccolta del bando 880 – ha spiegato Rabaiotti -. Ma a dicembre o a gennaio noi finiremo anche la domanda che si è palesata con il bando 880. Come faremo, avendo alloggi disponibili, ad assegnarne di nuovi?". Da qui la richiesta: "Se entro il 31 ottobre la Regione non esce con le modifiche integrative del bando 880, noi ci sentiamo legittimati a uscire con nuovo bando, integrativo del bando 880, utilizzando il vecchio criterio, funzionale solo ad accogliere nuova domanda". Altrimenti, sostiene l'assessore, il Comune rischia non solo di accumulare "appartamenti ristrutturati che non assegniamo agli aventi diritto", ma anche di lasciare gli aventi diritto senza casa pur avendo alloggi a disposizione: 300 sono quelli già ristrutturati e pronti, che potranno arrivare a 600 entro fine anno.
I sindacati: Assessore Bolognini ha accolto parzialmente le nostre richieste
Sul tema del regolamento regionale per l'assegnazione delle case popolari non pende solo la sentenza del tribunale sulla natura discriminatoria del certificato di possidenza per stranieri, ma anche una sentenza della Consulta del marzo 2020 che aveva dichiarato "irragionevole" il requisito dei cinque anni di residenza previsto nella legge regionale della Lombardia n.16/2016. Sentenze di cui, secondo i sindacati Cisl Lombardia e Sicet Lombardia, l'assessore regionale alla Casa Stefano Bolognini sarebbe pronto a tenere conto in vista di un provvedimento sul riavvio immediato dei Bandi per l’assegnazione delle case popolari che si è impegnato a presentare nei prossimi giorni. "Prima di andare in Giunta – spiegano i segretari di Cisl Lombardia e Sicet Lombardia, Pierluigi Rancati e Leo Spinelli – il testo sarà oggetto di un ulteriore confronto di merito con il sindacato. L’obbiettivo immediato del sindacato è quello di fare ripartire subito i Bandi di assegnazione, fermi da oltre 6 mesi, e rimuovere finalmente tutte le condizioni discriminatorie previste dalla normativa regionale, fortemente censurata sia dalla Corte Costituzionale (durata della residenza) e dai Giudici di merito (impossidenza), recuperando tutte le situazioni di esclusione pregresse. Attendiamo il testo del provvedimento promesso – hanno concluso i sindacati – confidando nel rispetto degli impegni e nella serietà dei nostri interlocutori".