Eccola, a poche settimane dalle elezioni comunali, la polemica a tema sessuale. Eccola lì, come da copione. Stavolta, più che polemica, incubo.
A dare scandalo sarebbero degli spicchi d'arancia, delle ostriche e delle banane con accanto la scritta “Se la vediamo in forme diverse è perché non ce n'è una sola. Ognuna è perfetta. Anche la tua”. La trovata è di Netflix che per pubblicizzare la serie “Sex Education” ha affisso nelle stazioni metropolitane di Milano i propri cartelloni pubblicitari. Nessuna prurigine, solo sana accettazione di sé promossa con della semplice frutta somigliante agli apparati genitali umani, espediente, questo della frutta antropomorfa usata con scopi allusivi, che risale alla notte del tempi, alla foglia di fico della Bibbia.
“È accettabile che simili poster siano sotto gli occhi di tutti, bambini e ragazzini compresi? L'educazione sessuale deve essere in capo alla famiglia” tuona Barbara Mazzali, consigliera regionale lombarda di Fratelli d'Italia, e sembra di sognare.
Nel sogno c'è una puntata di una trasmissione tv che va in onda in prima fascia serale, il “Grande Fratello”, dove si presenta un giovane imprenditore, tale Gianmaria Antinolfi, che si dice pronto a “chiav..” davanti a milioni di telespettatori pur di alzare lo share, e che l'unica che si “chiavereb..”, anche sulla base dei consigli ricevuti dagli amici, sarebbe una concorrente diciannovenne, l'unica passabile all'interno della “scarsa offerta di femmine” messa a disposizione dalla produzione. Sempre nel sogno, all'interno di un programma visto da 2.578.000 spettatori di tutte le età lo scorso 20 settembre 2021 (dati Auditel), c'è poi il giornalista Amedeo Goria, che si denuda a insaputa della donna con cui divide il letto, Annette Stephen, anch'essa concorrente del reality show. A un certo punto, sempre nello stesso sogno, appare Jo Squillo, tutta vestita di nero e con indosso un niqab scambiato per burqa che esclama: "In un momento di gioia e leggerezza non ci dobbiamo dimenticare di loro. Dobbiamo creare azioni di libertà in solidarietà”, dice, verso le donne afghane costrette a indossare il burqa. E qui il sogno si fa confuso, perché in prima battuta il conduttore del programma, Alfonso Signorini, sebbene “stufo del politically correct”, fa un plauso all'iniziativa, poi però ci ripensa, e chiede a Jo Squillo di andare a cambiarsi perché vederla così “gli fa senso”.
Un sogno strano, arrivato dopo anni passati a fare sogni ancora più strani, come quello in cui una maestra del torinese veniva licenziata per via di foto e video privati diffusi in una chat del calcetto dall'uomo, unico destinatario di quei messaggi. Ci deve essere qualcosa che non va nella digestione, se a due anni dall'introduzione del Codice Rosso, ogni giorno, continuiamo a sognare in media due episodi di revenge porn, due video ogni 24 ore che mandano in giro immagini intime di giovani donne, sempre più spesso minorenni, tenute sotto scacco, minacciate e ricattate da uomini di fiducia quali fidanzati, ex fidanzati, compagni.
E in effetti è una dieta povera di principi nutrizionali quella che va in tavola da un po’ di tempo a questa parte e che vediamo sia in tv che nei dibattiti pubblici. Una dieta ipercalorica, dove a fungere da piatto unico c'è una sessualità vissuta come tabù da relegare alle pareti domestiche, magari con la tv accesa e sintonizzata sul “Grande Fratello”. Una sessualità che scappa libera in strada solo quando i contesti diventano ricattatori, morali, economici, spettacolarizzanti, mai educativi, perché in Italia c’è spazio per gli autori del “Grande Fratello” ma non per gli autori di “Sex Education”. E se addirittura in una città come Milano, definita fin nel 1881 “Capitale morale” per l'intraprendenza, il senso civico, la tolleranza, la solidarietà e il pragmatismo dei suoi cittadini, c'è qualcuno che si scandalizza per uno spicchio di pompelmo o una banana, ecco, è del tutto evidente che dobbiamo cambiare alimentazione e dieta. Perché questa che ci propugnano è una dieta pesante, indigeribile, che fa fare brutti sogni. Incubi, a pensarci bene.