Carol Maltesi, si cercano nuovi indizi sul luogo dell’omicidio: spunta l’ipotesi di un complice
Si cercano altri particolari e altre prove che confermano la confessione di Davide Fontana, il vicino di casa in carcere con l'accusa di aver ucciso la 26enne Carol Maltesi. Questa mattina – come riporta Il Giorno – i carabinieri della scientifica di Brescia sono tornati sul luogo dell'omicidio, ovvero in quel appartamento di Rescaldina in via Melzi 9 dove Carol a gennaio è stata prima colpita a martellate, poi sgozzata e tagliata in 15 parti. Il suo corpo è stato nascosto per giorni in un congelatore prima di essere gettato dal suo assassino sulle montagne bresciane.
I militari sono alla ricerca ora di tracce ematiche, stracci e spugne usati da Fontana per ripulire l'appartamento dal sangue. I carabinieri verificheranno anche se è vero, come riporta il 42enne durante l'interrogatorio, dell'acquisto del seghetto al Bricoman e del freezer su Amazon. Intanto il giudice per le indagini preliminari non esclude ancora completamente l'assenza di un complice: per il magistrato devono essere adeguatamente approfonditi alcuni aspetti della vicenda anche "in relazione all’eventuale coinvolgimenti di altri soggetti nella fase finale del complesso crimine".
La confessione di Davide Fontana
Durante l'interrogatorio Davide Fontana ha spiegato anche il movente che l'ha portato a commettere un simile omicidio: nei piani futuri della ragazza c'era anche la voglia di andare via da Rescaldina e di riavvicinarsi a sui figlio che viveva con il padre in provincia di Verona. Una decisione che Fontana non ha accettato. Parla di aver avuto un "raptus". Per il giudice per le indagini preliminari, che ha convalidato il fermo, l'uomo "le toglieva barbaramente la vita" approfittando della fiducia che la donna aveva in lui. Fontana ha raccontato di aver ucciso la ragazza durante un gioco sessuale: per il giudice l'ha colpita con un martello "con bestiale violenza". Dopodiché le avrebbe tagliato la gola. Un gesto che per il gip invece sarebbe avvenuto "nella consapevolezza che la giovane, per quanto agonizzante, ancora fosse in vita". Il 19 marzo – il giorno prima di abbondare i sacchi a Borno – avrebbe provato ad "asportare" i tatuaggi con una lama e a sfregiarla in viso così da renderla irriconoscibile. E proprio grazie ai tatuaggi, una volta ritrovato il corpo, Carol è stata riconosciuta. Ora gli inquirenti cercando prove per confermare la confessione di Fontana e capire se ha agito da solo o se ha chiesto aiuto a qualcuno.