Caregiver della moglie malata di SLA: “Dopo la sua morte mi sono dedicato al volontariato”

Francesco Giordano ha assistito per oltre sei anni la moglie Milena malata di Sclerosi Laterale Amiotrofica, morta a marzo 2024. Dopo la perdita della persona assistita e amata, un caregiver deve fare i conti sia con la sofferenza del lutto che con lo stravolgimento della propria quotidianità incentrata sul “prendersi cura” dell’altro, rischiando di cadere nella depressione post caregiving.
A cura di Beatrice Barra
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Francesco Giordano, ex caregiver, e sua moglie Milena malata di SLA
Francesco Giordano, ex caregiver, e sua moglie Milena malata di SLA

Il 10 marzo del 2024 Francesco Giordano, come tutti i giorni da sei anni, si sveglia, fa colazione e si avvicina al letto della moglie Milena – malata di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) – per pulirle il viso con un dischetto di cotone imbevuto di acqua tiepida. Generalmente lei si sveglia insieme a lui sentendo i rumori della cucina, ma quella mattina no: non apre gli occhi nemmeno dopo il contatto tra l'acqua e il viso.

Francesco le tocca le guance, è fredda: "Mi si è gelato il sangue in quel momento", dice ai microfoni di Fanpage.it. Fa un massaggio cardiaco per oltre cinque minuti, ma in fretta capisce che non c'è niente da fare. Milena "se n'è andata" e, insieme a lei, se n'è andata anche una parte di Francesco. Forse più di una: il marito e il caregiver.

Francesco Giordano, ex caregiver della moglie malata di SLA
Francesco Giordano, ex caregiver della moglie malata di SLA

Un caregiver, dopo la morte della persona assistita, non deve elaborare solo la sofferenza del lutto, ma anche "un totale stravolgimento della propria vita, della quotidianità che ha avuto fino a quel momento". I cambiamenti radicali che deve affrontare possono portare a uno stato depressivo che prende il nome di "Sindrome post caregiving" che è meno conosciuta rispetto al caregiver burden – lo stress psico-fisico dettato dall'assistenza h24 al malato –, ma molto ricorrente e ugualmente dolorosa.

La vita da caregiver

Dal giorno in cui Milena ha ricevuto la diagnosi di SLA nel 2017 la routine di Francesco non è mai cambiata: sveglia molto presto e poi via con tutte le attività per la cura e l'igiene della moglie. "A un certo punto sono diventato le sue mani e la sua bocca, dovevo fare tutto quello che lei non poteva più fare". 

Milena, oltre alla donna che ama, lentamente diventa anche lo "scopo della sua vita" in senso stretto: "Spesso scherzavamo sul fatto che io non potessi ammalarmi o morire prima di lei, perché altrimenti chi l'avrebbe aiutata?". Quello tra caregiver e persona assistita diventa un rapporto di inter-dipendenza: se da un lato la qualità della vita del malato dipende dalle cure del caregiver, dall'altro il caregiver può sviluppare una sorta di "dipendenza" psicologica dalla persona assistita e dal tipo di vita che conduce, perché è totalizzante al punto da diventare anche un modo di identificarsi.

Milena, malata di SLA
Milena, malata di SLA

Nel caso di malattie particolarmente logoranti come la SLA, infatti, al dolore "di vedere la persona che ami spegnersi lentamente come una candela davanti ai tuoi occhi", si aggiunge la fatica fisica e la necessità di lasciare indietro gran parte della vita che si aveva prima. Il tempo libero non esiste più, le proprie passioni spesso devono essere accantonate e anche la vita lavorativa va sospesa o bloccata: "La persona che assisti diventa il centro del tuo mondo". Per questo motivo, dopo che lo si fa per tanti anni, prendersi cura di qualcuno non è solo un'attività, "ma parte di ciò che sei", e questo non cambia anche una volta che la persona assistita muore.

Quelli della malattia sono stati anni faticosi e a tratti sofferti, ma "la diagnosi non ha cambiato il sentimento e abbiamo sempre cercato di trarre il meglio ogni volta che è stato possibile", spiega mostrando le foto di loro due in vacanza al mare, quando la malattia aveva già iniziato a compromettere le capacità motorie di Milena. "Non è stato solo dolore", conclude. Forse è per questo "che è così difficile lasciarla andare".

La sindrome post caregiving

"Dopo un po' essere un caregiver fa parte di ciò che sei" ed è per questo che il cambiamento forzato dalla perdita può essere traumatico. Per Francesco c'è il dolore della perdita di Milena – "la mancanza della sua fisicità, di averla qui accanto a me" –, l'elaborazione dello stress psicofisico dei sei anni precedenti e la fatica di ripensare completamente la propria quotidianità senza la moglie.

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"Non dover scandire la mia giornata in base alle cose da fare per dedicarmi a lei mi ha disorientato, mi sentivo perso", spiega Francesco. "Mi sentivo in colpa a vivere bene, ma anche solo a sorridere", come se non vivere più in funzione di Milena e della sua assistenza significasse quasi non esistere. Questo mix di emozioni lo porta, da marzo a dicembre, a condurre una vita "non bella". Esce anche tre volte al giorno da casa – ma per andare al cimitero da Milena –, va a prendere un caffè al bar con qualche amico: è convinto di reagire emotivamente, "ma non era così". 

Non è così perché il 23 dicembre del 2024, dopo un colpo di tosse, "mi si è rotta l'aorta del cuore".  Lo stress accumulato negli anni da caregiver gli aveva già procurato l'ipertensione. Unito al dolore della perdita e alla vita poco sana che conduce nei mesi successivi alla morte di Milena, "a detta dei medici può aver influito in ciò che mi è successo". 

L'importanza del supporto psicologico

Rischia la vita e viene salvato "per miracolo", ma questo evento segna un'altra importante svolta nella sua vita. Fa una promessa a se stesso, a Milena e ai suoi cari: non avrebbe più fatto una vita di pianti e sensi di colpa. Dopo un percorso di psicoterapia che lo aiuta a metabolizzare il vissuto complesso e la perdita della moglie, oggi Francesco sta meglio. "All'inizio quando tornavo dalle sedute piangevo e dimenticavo tutto quello che mi ero detto", ma con il tempo ha capito che quel percorso è stato fondamentale per arrivare al punto dov'è oggi. Vuole viaggiare, ricominciare a cucinare – sua grande passione che ha messo da parte negli anni da caregiver –, prendersi più cura di lui, uscire, soffrire, sorridere.

Davanti alla porta d'ingresso della sua casa c'è un mobiletto in cui sono rimasti intatti tutti gli oggetti di Milena. In basso ci sono i prodotti che Francesco usava per pulirle e idratarle il viso. In alto una cornice con una foto della moglie e alcune foto di loro due insieme sono posizionate accanto a un vaso con dei fiori e gli occhiali di Milena, appoggiati sopra una piccola garza che lui metteva sul naso della moglie "per evitare che le creassero irritazione". Quella appoggiata sul mobile è l'ultima che ha usato, per alcuni giorni "si sentiva il suo odore". C'è anche un fazzoletto appoggiato, "ogni tanto spruzzo il suo profumo preferito qui e sui fiori per sentirlo come se lei fosse qui con me". 

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Per molti mesi quell'angolo dedicato a Milena è stato un grande motivo di sofferenza: "Mi avvicinavo, baciavo la sua foto e iniziavo a piangere chiedendomi perché fosse finita così, perché lei non fosse più con me". Oggi, invece, vive queste emozioni in modo positivo: quelle cose le hanno vissute. Prima pensava che "l'ideale sarebbe stato morire insieme", oggi pensa che Milena lo abbia voluto "lasciare ancora qui per poco per godermi ancora quello che mi rimane della nostra vita, perché la vita che sto vivendo comprende anche Milena e ci sarà sempre" e per fare tesoro del nostro vissuto e aiutare gli altri.

Caregiver per sempre

Su una cosa per Francesco non c'è dubbio: non si smette mai davvero di essere un caregiver. "Fa parte del tuo modo di vivere, di pensare" e questo lo ha portato a voler fare volontariato per un'associazione che si occupa dell'assistenza e del supporto ai malati di SLA e alle loro famiglie.

Ha sempre avuto il "piacere" nell'aiutare chi aveva bisogno, ma dopo il percorso fatto con Milena è diventata una necessità. Non riesce a immaginare di "passare le giornate in un altro modo se non facendo qualcosa per qualcun altro". Prima dell'intervento al cuore si è dedicato molto al volontariato e appena la ripresa fisica sarà completa ricomincerà.

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Quando ci si prende cura per molto tempo di una persona e lei a un certo punto non c'è più "è come se rimanesse amore in sospeso", che in qualche modo deve essere sprigionato aiutando qualcun altro.

"Mi mancherà sempre, ma voglio convertire il dolore nella voglia di fare ciò che avremmo voluto fare insieme", racconta ai microfoni di Fanpage.it indicando il muro: lo ha ripitturato del rosa amato da Milena, "perché se lei era felice anche io lo sono di lasciare tutto com'era, perché lei era il mio amore… È il mio amore". 

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