Ha di recente ottenuto il primo via libera dalla Camera dei Deputati il "Salva Milano", provvedimento nato per sbloccare gli oltre cento cantieri recentemente fermati dalla Procura in città per presunti abusi edilizi: la norma, che dovrà ora passare all'esame del Senato, stabilisce che i piani attuativi comunali che consentono la demolizione e la ricostruzione con sagome e volumetrie differenti non sono obbligatori (come invece contesta la Procura, perché a Milano questi piani attuativi non ci sono) se gli interventi edilizi sono realizzati in "ambiti edificati e urbanizzati". In poche parole, per demolire edifici di pochi piani e costruire al posto loro dei grattacieli sarà sufficiente presentare in Comune una Scia, ovvero una semplice pratica di segnalazione di inizio attività.
"Un atto indispensabile, considerando che le incertezze stanno bloccando 38 miliardi di investimenti immobiliari", secondo Forza Italia. "Uno sconquasso dell'equilibrio urbanistico", per AVS. Ma cosa sta succedendo? E cosa potrebbe succedere nei prossimi anni? Quale sarà il profilo urbano di Milano, città incoronata dalle classifiche come locomotiva d'Italia tra turismo, investimenti e tassi di occupazione e, allo stesso tempo, segnata da una fortissima emergenza abitativa?
L'emergenza abitativa a Milano
Una problematica strategica per il futuro metropolitano del capoluogo lombardo. Dove i canoni d'affitto delle case salgono sempre più (+40 per cento in soli 5 anni), mentre secondo le ultime stime comunali circa 30mila alloggi sarebbero attualmente "sottratti" al mercato per essere adibiti a case vacanza per le piattaforme di affitti brevi come Airbnb. Il fabbisogno di abitazioni, insomma, è palpabile. Sono circa 50mila gli alloggi mancanti in città, al momento. Ovvero 50mila famiglie, tra nuclei e singoli soggetti, che avrebbero bisogno di un tetto sopra la testa.
E non solo. Secondo un'analisi effettuata dal professor Carlo Cottarelli e commissionata da Aspesi, Assimprendil Ance e Confindustria Assoimmobiliare occorrerebbero infatti ogni anno oltre 9.900 appartamenti nuovi a Milano, a fronte di una produzione reale di 3mila unità. Un deficit del 256 per cento, dimensioni mostruose e lontanissime da una metropoli come Londra (9 milioni di abitanti, con 300mila lavoratori giornalieri), dove il fabbisogno annuale di abitazioni è stimato intorno ai 50mila nuovi alloggi all'anno e il sistema ne immette 40mila, segnando quindi un deficit del 25 per cento. Dati che oltremanica fanno gridare all'emergenza, facendo temere un inversione dello sviluppo della capitale britannica.
Una situazione aggravata dal blocco dei cantieri che attualmente tiene incompiute circa 150 nuove costruzioni residenziali, progetti ambiziosi come le Park Towers di Crescenzago, la Torre Milano alla Maggiolina e la palazzina di via Fauchè a due passi da corso Sempione. Il risultato, una vera e propria paralisi edilizia che crea uno stallo sul mercato, causata da decine di pratiche ferme negli uffici amministrativi e dalle inchieste condotte dalla Procura di Milano.
Il Piano Casa del Comune di Milano
Come fare? Il Comune, dal canto suo, cerca di fronteggiare come può la carenza di abitazioni a Milano e il conseguente impatto che questo ha sulla vita dei suoi abitanti, costretti a dilapidare lo stipendio in affitti ogni anno più alti o spinti fuori dai confini della città una volta che in famiglia arrivano uno o più figli. Gli amministratori, del resto, sono ben consapevoli di quanto il tema della casa e dell'emergenza abitativa sia il vero banco di prova per la saldezza al governo. In questo contesto si inserisce l'attesissimo Piano Casa di Palazzo Marino, recentemente presentato dalla giunta guidata da Beppe Sala e dal neo assessore Guido Bardelli: l'obiettivo è quello di realizzare 10mila alloggi a costi accessibili, per chi abita a Milano e nella città metropolitana, entro i prossimi 10 anni.
Tutto ciò mentre il Pio Albergo Trivulzio, storico istituto assistenziale milanese che vanta uno dei più ingenti patrimoni immobiliari della città (oltre 1500 appartamenti da sempre resi accessibili a prezzi calmierati per i lavoratori), per sanare i propri buchi di bilancio sta lentamente dismettendo parte degli immobili a un fondo privato gestito da Invimit sgr, senza accordi su clausole sociali a tutela di inquilini a redditi bassi e medi.
Siti abbandonati e nuove costruzioni
Una delle soluzioni, dunque, può sicuramente essere concentrarsi su quei siti degradati o abbandonati sparsi per la città. Veri e propri buchi neri sulla mappa di Milano, che secondo i dati ufficiali forniti dal Comune di Milano sono circa 203 in soli 183 km quadrati (per dare un'idea: un nono delle dimensioni del Comune di Roma). Si tratta di vecchi edifici industriali, ruderi, fabbriche, intere palazzine ormai diroccate. Un problema dal punto di vista sociale e soprattutto abitativo, dal momento che questi stessi luoghi dismessi potrebbero essere terreno di rigenerazione urbana con nuove costruzioni: le stesse che però, finora, sono state bloccate dall'intervento dei magistrati milanesi o ancora si trovano direttamente respinte dal Comune, impantanate in lungaggini burocratiche che possono durare anche anni e anni.
Più disponibilità di case, in fondo, vuol dire in teoria più offerta sul mercato. E quindi, per la legge del mercato, prezzi di vendita e affitto più bassi per studenti e lavoratori del ceto medio-basso i cui stipendi sono ormai fermi da anni, mentre i canoni immobiliari si innalzano vertiginosamente come non succede in nessuna altra parte d'Italia, dove i prezzi restano tuttora inferiori a quelli precedenti alla crisi Lehman Brothers.
Il ruolo della Città Metropolitana
Il rischio, però, è quello di creare una pressione edilizia e demografica fortissima su un territorio urbano dai confini decisamente ristretti. E quindi? Oltre alla necessità di recuperare i buchi neri in città, lo sguardo va sicuramente spostato anche sulla Città Metropolitana che può includere anche le vecchie province di Lodi (scorporata da Milano nel 1992), Monza e Brianza (nata nel 2004). Potenziando innanzitutto il sistema di trasporti e infrastrutture che collegano Milano e le realtà dei dintorni: il senso, quello di interpretare il terreno del Comune di Milano solo come il centro di una realtà urbana molto più ampia su modello delle grandi capitali come Londra e Parigi. Un progetto decisamente ambizioso, che richiederebbe un notevole sforzo dal punto di vista dello Stato, ma che è necessario per prendere realmente in mano l'emergenza abitativa cittadina. Un tema che più che mai è e sarà cruciale per immaginare la Milano del futuro.