Calcio, quotidiani e grandi opere: il rapporto strettissimo tra Cremona e il Gruppo Arvedi
A Cremona Giovanni Arvedi lo conoscono tutti. Il fondatore della seconda acciaieria più importante d'Italia dopo l'Ilva di Taranto è il più importante benefattore della città. Se non fosse stato per lui, a Cremona non ci sarebbe il tanto famoso Museo del Violino, così come squadre di calcio, giornali e televisioni locali. E ancora: strade, piste ciclabili, case di riposo e campus universitari. Insomma, in città per realizzare qualsiasi opera pubblica sembra che il Comune possa contare sempre e unicamente su Arvedi. Non sorprende, dunque, se l'auditorium del Museo del Violino piuttosto che essere intitolato a Stradivari o a qualche musicista sia intitolato all'acciaiere. Se girando per la città chiedi indicazioni per il campus universitario i cremonesi ti rispondono: "Intende la cittadella di Arvedi?". E se durante l'inaugurazione proprio della nuova sede universitaria è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in persona a ringraziare Giovanni Arvedi – già nominato Cavaliere del lavoro dalla Presidenza della Repubblica nel 1984 – per il grande contributo finanziario senza il quale probabilmente l'Università Cattolica sarebbe stata costretta a fare marcia indietro sul progetto. Non ci sono dubbi dunque su chi sia il grande benefattore di Cremona.
Giovanni Arvedi e il suo impero tra acciaio e politica
Ma chi è Giovanni Arvedi? Lancia il suo impero nel 1963 dando vita alle sue prime due aziende: una commerciale, l'Arvedi Commercio, e una produttiva, l'ILTA. La grande svolta arriva nel 1973 con la nascita a Cremona dell'Acciaieria Tubificio Arvedi e con i primi riconoscimenti sia a livello locale che a livello nazionale. Negli anni successivi Arvedi non si ferma più: in poco tempo la sua popolarità va di pari passo con la sua rapida crescita economica fino a raggiungere un fatturato di 3 miliardi di euro. La sfida tra Cremona e Taranto per il primo posto dell'acciaio sembra dunque aperta. Una sfida ora in mano, da soli pochi mesi, al nipote Mario Caldonazzo a cui Giovanni Arvedi ha lasciato pieno potere. Ma come qualsiasi grande imprenditore della storia italiana non è solo azienda e fatturato a fare di Arvedi il vero primo cittadino di Cremona. Arvedi lo sa e Cremona pure. E così Giovanni Arvedi nell'estate 2007 salva dal fallimento la società di calcio U.S. Cremonese, diventandone il proprietario. Fin dagli anni '80 investe nell'informazione locale: Mondo Padano, Cremona Oggi, Crema Oggi e Oglioponews sono le testate giornalistiche locali di proprietà di Arvedi. Così come il canale televisivo Cremona1, nato nel 2013. E ancora: nel 2013 finanzia il recupero dell'edificio che in seguito diventerà la casa di riposo "Giovanni e Luciana Arvedi" di Cremona. Fino al già citato Museo del Violino e campus universitario.
Acciaio. Calcio. Informazione. E anche politica. Già perché a Cremona il rapporto tra Arvedi e le istituzioni è ben consolidato. "Certo che c'è uno stretto rapporto con l'azienda", precisa a Fanpage.it lo stesso sindaco cremonese Gianluca Galimberti. Perché tutto puoi fare a Cremona tranne che ignorare il Gruppo Arvedi che dà lavoro a 2.400 cittadini in territorio cremonese. Ma non solo politica locale: Giovanni Arvedi è stato anche il maggior finanziatore del deputato del Partito Democratico Luciano Pizzetti: dei 75mila euro raccolti 50mila sono arrivati proprio dal benefattore di Cremona. "Questo non ha mai inciso con le mie scelte", ribadisce a Fanpage.it lo stesso Pizzetti. Due anni dopo, nel 2020, la Fondazione Giovanni Arvedi e Luciana Buschini finanziano il partito "Azione" con 100mila euro. Il Gruppo Arvedi così rientra tra i grandi finanziatori della politica italiana.
Il silenzio dei cittadini sulle aziende quando si parla di inquinamento
Se da una parte però il nome Arvedi è sulla bocca di tutti quando si parla di musei e violino dall'altra a Cremona si ha quasi paura a nominarlo quando si affrontano temi come ambiente e inquinamento. Già perché Cremona non è solo violino e università, ma è prima di tutto la seconda città più inquinata d'Europa come racconta l'inchiesta di Fanpage.it. Così quando avvicini un lavoratore di Arvedi, o di qualsiasi altra azienda che fa parte del polo industriale cremonese, la maggior parte rispondono con un secco: "Sì vorrei risposte e studi precisi che mi rassicurino sulla mia salute. Ma io di Arvedi e delle altre aziende non parlo. Mi trovo bene dove lavoro e non posso permettermi di essere licenziato". E cala il silenzio. Oltre ad Arvedi, fanno parte del polo industriale l'inceneritore di rifiuti urbani, l'impianto di trattamento liquami, il Consorzio Agrario e il Gruppo Ferraroni per la produzione di mangimi. E ancora, l'Oleificio Zucchi e l'azienda petrolifera Keropetrol. A questi si aggiunge la storica raffineria Tamoil, condannata già per reati ecologici. Gran parte delle aziende sono munite di Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e assicurano che i dati sulle emissioni sono sotto controllo ed entro ogni limite ambientale. Certo è che Cremona resta la prima la città più inquinata d'Italia e qui manca uno studio epidemiologico, l'unico strumento in grado di dimostrare l'impatto dell'inquinamento sulla salute dei cittadini. Passano gli anni ma nessuno lo chiede veramente. Perché?
Che Arvedi e le altre aziende siano entro i limiti ambientali di legge sull'inquinamento è certo. Ma a quanto pare per avere una Cremona con aria pulita non basta. In una intervista su Siderweb alla domanda su quanto manca per la progettazione di un'acciaieria a impatto zero Giovanni Arvedi risponde così: "Dovremmo smettere di respirare, viaggiare, vivere comodamente etc. Purtroppo Cremona è in una sacca e riceve, quello che non vorremmo, dalla città limitrofe. Crediamo di aver ottenuto un risultato esemplare, certificato da Emas, oltre ad essere impegnati nella decarbonizzazione e nell’economia circolare. La nostra cultura è frutto del convincimento che inquinare è un danno verso noi stessi e verso il nostro prossimo ed un’offesa verso Dio".