Cadavere murato a Senago: 30 anni di condanna all’ex amante, mandante dell’omicidio
Sono arrivate le prime condanne per il caso dell'uomo ucciso e il cui cadavere era stato poi murato in una villetta di Senago, in provincia di Milano. Nel pomeriggio di ieri, al termine del processo con rito abbreviato, il giudice per l'udienza preliminare di Milano Cristina Di Censo ha condannato a 30 anni di carcere l'ex amante della vittima, Carmela Sciacchitano, ritenuta la mandante dell'omicidio. Condannati rispettivamente a 24 e 14 anni di carcere anche i fratelli Angelo e Carmelo Arlotta, accusati di concorso in omicidio e occultamento di cadavere.
Il cadavere era stato scoperto nel gennaio 2019
Dopo la scoperta del cadavere, avvenuta nel gennaio dello scorso anno, erano state proprio le dichiarazioni di Carmelo Arlotta ad aiutare gli investigatori a far luce sul mistero. Il corpo apparteneva ad Astrit Lamaj, cittadino albanese di 42 anni scomparso nel 2013 a Genova. Le indagini hanno appurato che l'uomo venne strangolato in una villetta di Muggiò, in provincia di Monza e Brianza, e il suo cadavere venne gettato in un pozzo sotto un'abitazione del residence all'interno di "Villa degli occhi", a Senago, dove poi venne ritrovato soltanto dopo anni durante dei lavori di ristrutturazione.
L'ex amante era stata lasciata e derubata dall'ex compagno: da qui la decisione di ucciderlo
A commissionare il delitto sarebbe stata proprio la Sciacchitano, 65enne commerciante di gioielli. La donna, dopo una relazione con Lamaj, era stata lasciata e derubata dall’ex compagno e per questo avrebbe deciso di ucciderlo, rivolgendosi ad alcune persone vicine alla criminalità organizzata. La mandante era stata fermata a marzo dello scorso anno dai carabinieri a Genova: era in procinto di fuggire per il Brasile. Assieme a lei erano state fermate altre tre persone, tra cui il collaboratore di giustizia che ha aiutato a risolvere il caso. L'intricata vicenda coinvolge anche altri indagati, ancora sotto inchiesta: tra loro anche Salvatore Tambè, 45enne già agli arresti domiciliari in quanto membro della famiglia di Riesi (Caltanissetta) affiliata a Cosa Nostra, ritenuto l'esecutore materiale dell'omicidio. Altre due persone sono invece imputate davanti alla Corte d'Assise.