Brescia, l’allarme dalla Poliambulanza: “Terapie intensive piene, si è abbassata l’età dei pazienti”
Brescia è il territorio lombardo più colpito in questa che è ormai la terza ondata della pandemia di Coronavirus. Fanpage.it ha intervistato il professor Giuseppe Natalini, direttore del Dipartimento di anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore della Fondazione Poliambulanza, il secondo ospedale cittadino.
Professore, rispetto alla prima e alla seconda ondata quali sono le differenze di questa fase pandemica nel territorio di Brescia?
Sto realizzando in questo momento che la differenza più importante è stata il fattore sorpresa: l'anno scorso ci siamo come svegliati di colpo in un incubo, di fronte a qualcosa che non si era mai visto. O almeno io, che lavoro in terapia intensiva da 31 anni, non avevo neanche mai ipotizzato uno scenario del genere. Quest'anno siamo più rodati e consapevoli, ma i numeri ahimè oggi sono simili a quelli dell'anno scorso, quando nel giro di due-tre settimane si è arrivati alla catastrofe. Nelle ultime due settimane è cresciuto in maniera rilevante il numero di malati che hanno bisogno della terapia intensiva: purtroppo non escludo di essere di fronte a una catastrofe come quella dello scorso anno. I pazienti sono circa metà del picco dell'anno scorso. Quest'anno ne abbiamo un po' meno di quelli che dovremmo avere perché Brescia sta vivendo questo picco epidemico prima di altre province lombarde, quindi avendo i posti terapia intensiva saturi stiamo trasferendo molti malati già intubati nelle terapie intensive di province vicine.
Le possibili ulteriori chiusure ipotizzate in questi giorni (lockdown weekend), per il Bresciano secondo lei potrebbero servire per ridurre i contagi?
Non è il mio campo, per cui non vorrei essere una voce che si aggiunge alle altre che parlano a caso. Però da persona in prima linea posso dire che la situazione è veramente preoccupante, per cui in queste condizioni, quando sai già cosa potrebbe succedere e hai la sensazione di aver preso quella strada, anche gli eccessi di precauzione possono essere giustificabili, utili o inutili che siano in questa fase. Non so se sia giusto un lockdown totale, ma per quello che sto vedendo, io che normalmente non sono a favore di questo tipo di provvedimento non ne sarei colpito negativamente.
A livello di ricoveri e posti letto ha già parlato di posti saturi, come pure agli Spedali Civili. Com'è la situazione in termini numerici?
Ad oggi la terapia intensiva della Poliambulanza deve assicurare 16 posti letto riservati ai pazienti Covid, che sono pieni da settimane, tanto che ogni giorno siamo costretti a trasferire pazienti negli ospedali limitrofi. Entro questa settimana è previsto l'aumento dei posti letto di terapia intensiva di tutti gli ospedali lombardi. Negli altri reparti sono ricoverati 160 pazienti Covid, poco meno della metà di quelli che avevamo avuto l'anno scorso. Ma il trend è in continua crescita.
Lo scorso anno uno dei drammi della pandemia fu che non tutti coloro che ne avevano bisogno, nella fase più critica, riuscivano ad essere ricoverati. Com'è la situazione oggi?
Oggi si riesce a ricoverare chiunque ne abbia bisogno. Voglio però sottolineare l'enorme sforzo che tutto il sistema sanitario fece anche l'anno scorso: la Poliambulanza, che è un ospedale da 600 posti letto, l'anno scorso è arrivato ad avere 430 pazienti Covid.
Un altro problema collaterale della pandemia riguarda tutti i malati che non sono affetti da Covid-19. Le prestazioni per questi pazienti continuano ad essere erogate?
Le attività di urgenza e le prestazioni per malati oncologici vengono salvaguardate, per adesso si riesce a mantenerle in piedi. C'è stata inevitabilmente una contrazione di tutta l'attività non urgente o differibile. Noi comunque stiamo facendo il massimo, abbiamo anche una terapia intensiva non Covid che sta continuando a funzionare.
Qual è l'età media dei pazienti ricoverati in Rianimazione, si è abbassata?
Io sono sempre stato contrario alla narrazione che di Coronavirus si ammalano solo i più anziani. I dati ufficiali di tutte le terapie intensive lombarde dicono che il paziente medio, anche l'anno scorso, ha 65 anni: che non è certo un giovane, ma neanche una persona troppo in là con gli anni. Io ho 57 anni, l'anno scorso ho avuto diversi coetanei tra i miei pazienti, alcuni dei quali sono morti. È sempre stata una narrazione sbagliata e obiettivamente nelle ultime settimane c'è stata la tendenza di una riduzione dell'età in terapia intensiva: l'età media degli ultimi giorni si è abbassata a 57 anni e abbiamo punte particolarmente basse. C'è un paziente con meno di 20 anni e alcuni 40enni.
E rispetto alla mortalità, ci sono differenze tra la prima ondata e quanto sta accadendo adesso?
Qualche piccolo progresso è stato fatto, la mortalità è un pochino inferiore a quella che si registrava l'anno scorso ma resta molto elevata. Rispetto all'anno scorso abbiamo condizioni di cura più normali, ma in terapia intensiva, a livello regionale, la mortalità resta attorno al 40 per cento.
Rispetto allo scorso anno ci sono i vaccini. Crede che potranno finalmente far vedere la luce in fondo al tunnel e quando, secondo lei, si potrà vedere la loro efficacia?
I vaccini potranno iniziare a funzionare quando saranno fatti. Speriamo siano efficaci, perché le sperimentazioni sono state necessariamente non così attente come normalmente si fa. E speriamo che la loro efficacia possa coprire anche varianti, inglese sembra coperta su altri ci sono dubbi, Vantaggi si vedranno nei prossimi mesi.
Quando crede si raggiungerà il picco dei ricoveri?
Le dinamiche stanno seguendo quelle dello scorso anno, quando il picco si ebbe attorno al 20-21 marzo. La mia previsione personale è che entro questo mese anche quest'anno vedremo la massima gravità della pandemia. Mi auguro, anche simbolicamente, che Pasqua segni un'inversione di tendenza.
Da medico in prima linea da ormai oltre un anno, cosa si sente di dire nel frattempo a coloro che continuano a negare l'emergenza o a minimizzarla?
Posso solo confermarle quello che ho detto: il problema si sta presentando in maniera importante. Se uno ha sensazioni diverse è libero di averle. Penso però che chi dice così non abbia mai visto un malato di Covid in ospedale, perché se ne avesse visti uno, 10, 100 o 1000 come li abbiamo visti noi ragionerebbe in maniera diversa. A volte però si ha un po' la sensazione che anche l'eccesso di esposizione mediatica di questo dramma sanitario, che c'è, produca anticorpi all'informazione in alcune persone. Il problema è dunque sia di chi minimizza, sia di chi enfatizza la situazione.