Brescia, la “capitale” del bracconaggio: ha un sesto degli indagati per questi reati in Italia
Il territorio bresciano è uno snodo fondamentale lungo le rotte migratorie percorse dall’avifauna per spostarsi dalle aree di nidificazione, concentrate nell’Europa settentrionale e nord-orientale, a quelle di svernamento, nel Mediterraneo e in tutta l’Africa. I flussi migratori infatti si incanalano in tutti quei passaggi che diminuiscono lo sforzo di superare le catene montuose: i valichi quindi sono una sorta di collo di bottiglia dove gli uccelli si concentrano per proseguire nel proprio viaggio. Ed è proprio qui, in quello che potrebbe essere un vero patrimonio della biodiversità del pianeta, che s'insinua una lobby molto potente, quella dei cacciatori. Secondo i dati riportati nel dossier "Analisi dati caccia illegale" redatto da Cabs, l’associazione di volontari specializzata in antibracconaggio, prendendo gli ultimi dati disponibili dalle Procure, che fanno riferimento al 2018, la Lombardia primeggia in Italia per numero di denunciati e procedimenti aperti per caccia illegale, rispettivamente 294 e 275. "Di questi – precisa Andrea Rutigliano, referente Cabs Italia, bresciano – la quasi totalità viene da Brescia, che da sola ne porta a casa 250, che riguardano praticamente nella quasi totalità caccia alla selvaggina minuta, uccelli o piccoli mammiferi". La normativa europea e quella nazionale e regionale prevedono uno speciale regime di protezione per i valichi interessati dai flussi migratori: nel raggio di mille metri da questi valichi dovrebbe quindi essere vietata la caccia. Ma proprio qui si inserisce la forte resistenza da parte dei cacciatori a non inserirsi proprio nei punti dove si possono realizzare i maggiori carnieri.
Cacciatori: a Brescia una lobby molto potente
Nella Provincia di Brescia ci sono 14 valichi rilevanti per il transito dei migratori, due dei quali rivestono una particolare importanza: Colle San Zeno e Passo del Maniva. "Il dato è dimostrato – si legge in un rapporto Cabs dell'anno scorso – dalla forte concentrazione in quelle aree di impianti di cattura e capanni di caccia, oltre che dall’elevato numero di cacciatori che li frequenta". Qui infatti è addirittura diffuso, come denunciato da Cabs il tiro a volo i piccoli uccelli migratori. In cosa consiste? I cacciatori si dispongono in fila sul passo a 20 metri gli uni dagli altri e attendono i piccoli contingenti di fringillidi in migrazione. Quando uno stormo si accinge a superare il colle passando in volo a 5-10 metri sopra la testa dei cacciatori, viene raggiunto dalle fucilate. "Pratica che purtroppo registriamo quotidianamente anche oggi – ha aggiunto Rutigliano – siamo davanti a una provincia che vuole ammazzare programmaticamente specie protette e sono un gruppo molto potente dal punto di vista politico e industriale, pensiamo solo alla fabbrica Beretta che si trova sul territorio. Ci sono personaggi influenti, sindaci, presidenti della Comunità montane che sono cacciatori e quello che viene richiesto da Federcaccia Brescia puntualmente poco dopo di solito viene anche proposto dalla politica, con i politici regionali che hanno proprio tra i cacciatori un importante bacino elettorale". Rutigliano nell'intervista a Fanpage.it riporta moltissimi esempi, tra questi anche la questione delle pettorine alle guardie incaricate di scandagliare il territorio per fermare chi non rispetta le regole: "Volevano fermare le guardie del Wwf perché riuscivano a fermare chi cacciava illegalmente gli uccelli beccandoli in flagrante e facendo sanzioni – ha spiegato – viene così introdotto l'obbligo ad indossare delle pettorine ad alta visibilità in modo che si vedano da lontano e non si possano avvicinare al capanno". "Nei giorni di massimo passo gli stormi si avvicendano uno al minuto e di conseguenza sono stati osservati cacciatori abbattere e incarnierare 6 fra fringuelli e peppole in circa 10 minuti (in genere la caccia al volo prosegue per 3-4 ore) – denuncia sempre Cabs nel rapporto – Senza contare che sui versanti alle spalle di questi passi è estremamente comune rinvenire al suolo individui di fringuelli e peppole con ferite di arma da fuoco e incapaci di volare". Rutigliano negli anni ha ricevuto minacce, anche sotto forma di lettera minatoria per il suo lavoro di salvaguardia delle specie protette.
Cabs: Pettirosso e fringuello i più comuni e i più colpiti
Piccoli abbattimenti di uccelli sono quindi all'ordine del giorno. Secondo i dati raccolti dall'associazione Cabs, da agosto in poi le specie predilette protette abbattute in maggior quantità risultano: prispolone, balia, pettirosso, fringuello, peppola, pispola, migliarino, lucherino. "Inoltre Regione Lombardia ha permesso a questi cacciatori di spostarsi in tutto il territorio regionale – ha aggiunto Rutigliano – la polizia provinciale di Pavia, solo pochi giorni fa ha fermato per la caccia di piccoli uccelli dei bresciani. Quando il flusso migratorio si sposta verso sud e quindi si è indebolito nel Bresciano, loro si spostano. Ieri eravamo a Vercelli, dove non ci sono flussi migratori, ma altre specie protette, e abbiamo denunciato dei bresciani; ad agosto mi ero spostato al Sud, perché era stata segnalata una caccia illegale al beccafico, una specie che sta registrando un calo sostanzioso, e tra le persone che sparavano a questa specie protetta c'era di nuovo un bresciano. I bresciani quindi purtroppo brillano nel voler infrangere le leggi e perseguitare queste specie, anche per ragioni economiche perché c'è un grosso mercato per gli spiedi e altre pietanze". Sempre in merito alla caccia illegale ai piccoli uccelli protetti nelle valli bresciane, a inizio novembre Cabs ha registrato che l'uso di trappole e reti è in netto calo, ma che stanno registrando un preoccupante aumento della caccia illegale alle specie protette: "molti cacciatori sparano senza remore a qualsiasi uccello passi sopra la loro testa – dichiaravano – Nelle ultime tre settimane grazie alle nostre investigazioni sono stati denunciati 17 cacciatori e sono stati sequestrati oltre 160 uccelli protetti abbattuti e 17 fucili da caccia".