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Brescia, anziana escursionista picchiata e stuprata nei boschi: 33enne condannato a dieci anni

Un uomo di 33 anni è stato condannato a dieci anni di carcere per violenza sessuale e lesioni aggravate. Lo scorso 3 maggio aggredì e stuprò un’escursionista 69enne incrociata nei boschi sul lago di Garda. L’uomo era stato arrestato un mese dopo l’episodio: a incastrarlo le tracce biologiche trovate sulla scena del crimine. Ieri il tribunale di Brescia lo ha condannato dopo un processo lampo, infliggendogli un anno in più rispetto alla richiesta del pubblico ministero.
A cura di Francesco Loiacono
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(Immagine di repertorio)
(Immagine di repertorio)

Lo scorso 3 maggio aveva aggredito e poi violentato una donna di 69 anni incontrata nei boschi nei dintorni del lago di Garda, sulla sponda bresciana. Dopo indagini serrate, il responsabile del brutale episodio, un uomo di 33 anni di nazionalità domenicana, era stato arrestato a circa un mese dai fatti. E ieri, in tribunale, è stato condannato a dieci anni di carcere dai giudici della prima sezione penale di Brescia, presieduti da Roberto Spanò. La condanna inflitta al 33enne al termine del processo con rito immediato, che si era aperto sempre ieri in giornata, è perfino più grave di quanto aveva chiesto il pubblico ministero Carlotta Bernardini in sede di requisitoria.

La brutale aggressione lo scorso 3 maggio nei boschi vicino al lago di Garda

La vittima dell'uomo, una 69enne di Toscolano Maderno, in provincia di Brescia, ieri era in aula. La donna, che non si è costituita parte civile, voleva probabilmente vedere in faccia l'uomo che pochi mesi fa, incontrandola da sola nei boschi, l'aveva spinta dietro un cespuglio, picchiata brutalmente e poi stuprata. La 69enne era uscita per fare un'escursione assieme ai famigliari, dai quali però si era allontanata per rincasare prima. Sul tragitto verso casa aveva incontrato il suo aguzzino, che aveva abusato di lei approfittando anche del fatto che non vi fosse nessuno nei paraggi: il 3 maggio era ancora in vigore il lockdown, che sarebbe stato allentato solo il giorno seguente. La vittima, nonostante lo choc, era riuscita a chiedere aiuto col telefonino: da quel momento erano scattate le indagini dei carabinieri di Salò che avevano portato all'arresto per violenza sessuale e lesioni aggravate del 33enne, incastrato da tracce di liquido seminale trovate sulla scena del crimine e da tracce di Dna trovate su una mascherina abbandonata nel bosco dall'uomo. L'uomo, al processo, ha ammesso le proprie responsabilità e chiesto scusa alla vittima: si è giustificato parlando di un raptus dovuto al fatto di essere rimasto a lungo chiuso per via del lockdown, ma i giudici non hanno accolto le sue giustificazioni e lo hanno condannato a una pena esemplare per quanto ha fatto.

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