“Boiocchi aveva notato che mancavano soldi nelle casse”: perché è stato ucciso il capo ultrà dell’Inter

Il movente che ha portato all’omicidio di Vittorio Boiocchi, ex capo ultrà dell’Inter ucciso a colpi di pistola a Milano il 29 ottobre 2022, sembra essere legato a contrasti economici nella gestione delle attività della Curva Nord tra la vittima e Andrea Beretta.
A cura di Giulia Ghirardi
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"Boiocchi aveva notato che mancavano soldi nelle casse": è questa l'origine di tutto. Perché il movente che ha portato all'omicidio di Vittorio Boiocchi – lo storico ex capo ultrà dell’Inter ucciso a colpi di pistola davanti alla propria casa a Milano il 29 ottobre 2022 – sembra proprio essere legato a contrasti economici tra la vittima e uno degli indagati, Andrea Beretta, nella gestione delle attività della Curva Nord.

Secondo quanto riferito dalla procuratrice aggiunta di Milano Alessandra Dolci, il collaboratore di giustizia Andrea Beretta – ex leader della Curva Nord già in carcere per aver ucciso Antonio Bellocco e arrestato nel maxi blitz sulle curve di San Siro – avrebbe riferito di essere il mandante dell'omicidio insieme a Mauro Nepi, ultrà dell’Inter e, in questo caso, intermediario tra Beretta e "i killer pagati 50mila euro".

Tutta la vicenda sembra essersi originata da una discussione riguardo la "gestione e la spartizione dei proventi degli affari connessi all'attività della Curva Nord e del negozio" e, nello specifico, il merchandising. L'apice sarebbe stato raggiunto quando Boiocchi si sarebbe accorto "che mancavano soldi nella cassa" e avrebbe quindi chiesto "di controllare i conti". A riguardo, infatti, Andrea Beretta ha specificato che il movente sarebbe stato proprio quello economico, "per un ammanco di cassa" che lo avrebbe spinto ad architettare l'omicidio "per eliminare quello che era stato fino a quel momento il leader della curva Nord dell'Inter, per prendere il suo posto e dividere i profitti".

A questo punto, sarebbe stato Nepi a proporsi per "risolvere il problema" e a suggerire a Beretta di rivolgersi a Marco e Gianfranco Ferdico, coloro ritenuti essere gli "organizzatori" del "progetto", che avrebbero trovato le "basi logistiche, i mezzi di trasporto, i cellulari criptati e l'arma del delitto". I Ferdico, a loro volta, si sarebbero poi rivolti, come esecutori materiali, a Daniel D'Alessandro e Pietro Andrea Simoncini (già coinvolto in un faida di ‘ndrangheta). I due sono stati arrestati questa mattina, venerdì 11 aprile, rispettivamente in Bulgaria dove il primo "viveva da un paio di mesi come latitante", e il secondo in Calabria.

"Un omicidio con modalità mafiose inserito nel contesto di una guerra sulla gestione degli affari economici legati al mondo delle curve di San Siro", ha commentato la gip di Milano Daniela Cardamone. E, infatti, l'epilogo per tutti gli indagati è stato "l'aggravante della modalità mafiosa".

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