Blitz contro la ‘ndrangheta a Rho, sgominata il clan Bandiera: arrestati 49 affiliati
Sono ben 49 le ordinanze di custodia cautelare firmate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano Stefania Donadeo nei confronti di altrettante persone, tutte ritenute – a vario titolo – affiliate al clan di ‘ndrangheta Bandiera, operante nella provincia di Milano e, più precisamente, a Rho, un comune con molti interessi economici vista la presenza della Fiera e di tutto l'indotto.
Blitz contro la ‘ndrangheta a Rho
È iniziato alle prime ora di oggi martedì 22 novembre il blitz degli agenti della Squadra Mobile della Questura di Milano, coordinati dal Primo Dirigente Marco Calì, su richiesta del sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Alessandra Cerreti. La Polizia sta arrestando 49 persone, ritenute affiliati al clan Bandiera, contestando loro una serie di reati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso (il 416 bis) alle estorsioni, dal traffico di cocaina a quello di armi. Durante il blitz sono, infatti, state sequestrate pistole di ogni calibro, mitragliette Skorpion e perfino bombe a mano.
Secondo quando riferito dagli inquirenti, il clan tentata di controllare il territorio fra Rho e Pero in modo capillare, imponendo quella che lo stesso boss Gaetano Bandiera (74enne) definiva "la legge ‘ndrangheta". La sua conversazione, volta a organizzare un atto intimidatorio nei confronti di uno ritenuto "un infame" e perfino un cattivo pagatore dei debiti, era però registrata dalla Squadra Mobile che è riuscita anche a documentare il momento in cui gli hanno recapitato una testa di maiale, tenuta nel freezer di casa fino a qualche giorno prima.
Un metodo che la famiglia Bandiera (il braccio destro di Gaetano è il figlio Cristian) aveva già adottato nel 2020, quando aveva recapitato a un presunto traditore una testa di capretto con in bocca un biglietto: "La prossima testa è di vostro figlio".
Gli affari della famiglia Bandiera
Il vero capo, benché recluso nel carcere di Opera già dal 2010, in seguito al processo Infinito, è Gaetano Bandiera che ci tiene a ribadirlo anche ai suoi affiliati: "E mio figlio non comanda… ancora c'è il padre! Te l'ho detto anche di fronte a mio figlio… ancora il padre non è morto! Il padre è vivente, sono vivente ancora", diceva a un affiliato durante una conversazione intercettata dalla Polizia.
Il figlio, però, benché risultasse nullatenente, portava avanti gli affari di famiglia e, tramite prestanomi, gestiva anche le attività commerciali a loro riconducibili: un pub a Pero, un bar a Vanzago (sempre in provincia di Milano) e uno a Rho, una rivendita ambulante di panini e un'intera palazzina a Lainate, acquistata – secondo le indagini – per 70mila euro.
A rivelare che queste attività, nella realtà dei fatti, sono di sua proprietà è lo stesso Crstian Bandiera durante una conversazione telefonica intercettata dalla Polizia: "È intestato a un mio prestanome – dice – perché io non posso avere niente intestato".