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Bimbo di 5 anni in bici urta un’anziana che muore, il giudice archivia il caso: “Esistono le fatalità”

A marzo 2023, una donna di 87 anni è stata urtata con una bici da un bimbo di 5 anni che è caduta ed è poi morta. Il padre era stato indagato per omicidio colposo, ma il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione della Procura.
A cura di Ilaria Quattrone
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A marzo 2023 una donna di 87 anni, che stava passeggiando con il bastone con un'amica di 74 anni in un giardino pubblico di Milano, è stata urtata con una bicicletta da un bimbo di cinque anni. Il piccolo, infatti, avrebbe sbandato mentre con il padre stava imparando ad andare senza rotelle. La donna sarebbe stata leggermente toccata e avrebbe perso l'equilibrio: sarebbe poi caduta a terra e avrebbe battuto la testa. Il padre del piccolo ha voluto chiamare l'ambulanza e successivamente la donna ha perso conoscenza ed è poi morta in ospedale.

Il padre del piccolo è stato poi indagato per omicidio colposo. Il pubblico ministero ha poi presentato richiesta di archiviazione che è stata accolta dal giudice per le indagini preliminari. Come riportato dal quotidiano Il Corriere della Sera, il pubblico ministero Paolo Storari ha infatti ritenuto che in questo caso "la rapidità e sfortunata casualità dell'evento" non ha infatti consentito al padre del bambino, anche se era al suo fianco "di intuire per tempo e/o di poter intervenire per scongiurare la disgrazia". 

Il gip ha quindi ribadito la tesi della Procura nonostante, nel 2010, sia stata emessa una sentenza della Corte di Cassazione che "addebita al genitore la condotta omissiva di non aver adeguatamente sorvegliato l'attività del figlio" che è stata "ritenuta intrinsecamente pericolosa in quanto potenzialmente in grado di provocare la caduta di soggetti deboli quali anziani e bambini". Nella sentenza è stato stabilito che pur essendo la bici in mano a una persona che era "incapace di adeguarne l'uso alle condizioni del luogo", non tutto può essere "prevedibile ed evitabile". Di conseguenza "ogni disgrazia" non può trasformarsi "in ingiustizia" e con il conseguente rifiuto "del concetto di ‘fatalità' e conseguente ricerca di una colpa a ogni costo".

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