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Enea affidato all’ospedale a Pasqua, Kustermann: “Nella lettera della donna c’è una richiesta d’aiuto”

“Ho la sensazione che sia stata una scelta legata alla necessità”. Sul caso del piccolo Enea affidato all’ospedale in giorno di Pasqua a Fanpage.it interviene la storica ginecologa della Mangiagalli Alessandra Kustermann.
Intervista a Dott.ssa Alessandra Kustermann
Già primaria del pronto soccorso ostetrico-ginecologico alla clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano.
A cura di Giorgia Venturini
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"Nella mia lunga carriera non ho mai visto che la madre affidasse il piccolo all'ospedale accompagnato da una lettera così tenera". A Fanpage.it parla Alessandra Kustermann, per tanti anni – ora in pensione – la primaria del pronto soccorso ostetrico-ginecologico alla clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano e colei che nel 1996 fondò il centro anitiviolenza oggi noto come Soccorso violenza sessuale e domestica. La dottoressa spiega cosa ci può essere dietro la decisione di una donna di lasciare il figlio appena partorito nella "Culla per la vita": come è successo il giorno di Pasqua quando in medici della Mangiagalli hanno trovato Enea.

Perché secondo lei una decisione simile?

Ho la sensazione che sia stata una scelta legata alla necessità. È giusto quindi parlare di quello che è successo e offrirle aiuto: se non vorrà, resterà valida la sua decisione di lasciare il bimbo.

Quindi può essere che la donna non era convinta di affidarlo all'ospedale?

Stiamo parlando di una donna che ha amato questo figlio: gli ha dato un nome, lo ha anche riconosciuto perché se no non poteva lasciare l'ospedale dopo il parto. E siamo certi che ha partorito Enea in un ospedale  perché lo ha voluto precisare nella lettera. Non era una scelta quindi per me premeditata. La donna – tra le ipotesi – quando è tornata a casa può essersi sentita sola e quindi ha deciso di lasciare il piccolo nella culla per la vita.

Secondo lei diffondere il contenuto delle lettera è stata una scelta giusta?

Non sono state diffuse informazioni sulla donna che se si volesse si potrebbe cercare la sua identità nei parti recenti a Milano. Non la vedo come una violazione della privacy. Con questa lettera è come se avesse voluto creare un legame con il piccolo.

Dopo di ché un bimbo per tutta la vita anche se viene adottato cercherà la sua madre biologica. In questo caso almeno saprà che sua madre le ha lasciato una bella lettera per accompagnarlo in questa sua nuova vita.

Ci sono molti casi simili?

Non così. Nella mia lunga esperienza ho visto donne che non hanno riconosciuto il bambino alla nascita e lo hanno affidato dopo il parto all'ospedale. Questo però è un caso diverso. Prima di tutto la donna ha riconosciuto il piccolo perché se no non poteva lasciare l'ospedale dopo il parto. Inoltre, ha lasciato una lettera garantendo che era sano e che lo aveva partorito in ospedale. Ha scritto tutte cose belle e positive.

La donna aveva stabilito un legame con il piccolo: è evidente che dietro a questa lettera quindi c'era una richiesta d'aiuto inespressa. C'era una persona a cui tendere la mano. Se non vorrà cogliere l'aiuto che la gente è pronta a darle, nessuno la cercherà. Tutti rispetteremo la sua scelta.

Il fatto che ci sono personaggi della tv che ne parlino, che sia diventato un caso mediatico, è esagerato?

Non vedo molto la tv. Il pettegolezzo mi irrita. Però questo è senza dubbio un fatto mediatico. In Mangiagalli ci sono circa 10 bambini lasciati alla nascita all'anno. Viviamo in una società in cui tutto viene discusso platealmente, che male c'è parlare di un fatto simile? È quindi un fatto mediatico e dovrebbe interrogare le nostre coscienze.

Cosa dovremmo chiederci?

La sensazione è che la madre abbia pensato che suo figlio lontano da lei stesse meglio. Dobbiamo chiederci se abbiamo fatto tutto il possibile come società per aiutare questa donna? Ci siamo accorti dei segnali inespressi che lanciava? Ci siamo accorti che era sola? Non ho mai visto un bimbo lasciato con una lettera addosso. E soprattutto con una lettera così tenera.

La lettera quindi è una richiesta d'aiuto?

C'è dolore in quella lettera. Non c'è condanna verso la madre: se ha bisogno di aiuto facciamole arrivare il messaggio che c'è un'intera gamma di possibilità per ricevere aiuto. E non solo economico.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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