Barista ucciso a colpi di pistola nel suo locale a Milano: le ipotesi sul movente
Una vera e propria esecuzione a sangue freddo quella del barista Ruiming "Paolo" Wang, ucciso con sei colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata da un cliente incappucciato, ieri mattina intorno alle 7. Perché? E chi è l'assassino? Gli inquirenti lavorano senza sosta per risolvere il giallo dell'omicidio avvenuto dentro il bar di piazza Angilberto, quartiere Corvetto. La vendetta di un cliente? Una lite per soldi maturata all'interno della comunità asiatica?
La ricostruzione dell'omicidio dentro il bar
L'omicidio avviene in pochissimi istanti. Secondo le prime ricostruzioni, agevolate dalle riprese di una telecamera interna, il 35enne di origine cinese si trova al bancone quando dalla porta entra un cliente incappucciato, con mascherina e guanti. I due scambiano qualche battuta, che non è stato possibile registrare: un normale botta e risposta tra cliente e barista sulla colazione e sul caffè, o qualcos'altro?
Sta di fatto che, dopo queste pochissime parole, il cliente misterioso estrae la pistola semiautomatica e spara almeno sei colpi nella direzione del barista, accertandosi di averlo finito una volta per tutte. Per darsi poi alla fuga, e lasciare il 35enne esanime vicino al registratore di cassa del suo locale.
Le ipotesi sul movente
Un mistero di non facile risoluzione. Sì, perché la vittima era incensurata, e apparentemente viveva una vita senza particolari guai: abitava a Milano da più di dieci anni, e più o meno dallo stesso tempo gestiva il bar di piazza Angilberto senza aver mai avuto problemi con la giustizia, o legami con il mondo dello spaccio di droga. Da locale, poi, non è sparito nulla: chi lo ha ucciso lo ha fatto perché lo voleva morto, non per rapinarlo.
Il barista 35enne viveva con la moglie nello stesso palazzo che ospitava il suo bar. I residenti lo ricordano come una "brava persona", ma non manca chi dice di non aver mai pensato di mettere piede nel suo locale, pieno di "spacciatori, ubriachi, casino". Che avesse una clientela particolare del resto era risaputo, al punto che negli anni aveva ricevuto decine di controlli e la Questura, per ben tre volte, ne aveva disposto la sospensione della licenza perché frequentato da pregiudicati. Forse la vendetta di un cliente poco raccomandabile, che era meglio non far arrabbiare? Forse un litigio con qualche parola di troppo, da non poter perdonare? O la motivazione di questo gesto così eclatante è da cercare nella vita apparentemente tranquilla della vittima, che aveva in sospeso qualche questione (magari per soldi)?