Autonomia differenziata, Del Bono: “Regione Lombardia non ha la commissione di garanzia, democrazia a rischio”
Autonomia differenziata nelle Regioni? "Non ci stiamo preoccupando del cambio che questi passaggi di assetto istituzionale producono potenzialmente nella trasparenza, nell'equilibrio e nella vita della democrazia italiana", sono le parole di Emilio Del Bono, ex sindaco di Brescia e recordman di preferenze del Partito Democratico alle ultime elezioni regionali. Oggi è vicepresidente del Consiglio regionale al Pirellone. "Dobbiamo bilanciare a dovere. La maggioranza porta avanti l'autonomia differenziata con superficialità, e con modalità che rischiano di creare strappi".
Come si può bilanciare?
Lo statuto della Regione Lombardia prevede una Commissione di garanzia, composta da personalità qualificate, con una funzione dirimente simile a quella della Corte Costituzionale a livello nazionale: un soggetto terzo che giudica ad esempio l'ammissibilità dei quesiti referendari, delle leggi di iniziativa popolari, dei percorsi legislativi innescati da cittadini, sindacati, imprese e associazioni. Ma questa commissione ancora non è stata istituita: a svolgerne il ruolo oggi è l'ufficio di presidenza del consiglio regionale, e il consiglio regionale stesso. In questo momento, insomma, è l'organo politico a decidere se un referendum è ammissibile o meno. Faccenda assai delicata, visti i precedenti.
Quali?
Il referendum sulla sanità, dichiarato inammissibile. La legge di iniziativa popolare sul fine vita presentata dai Radicali. Ma il punto è quello che potrebbe accadere nel prossimo futuro.
Cosa succederà con l'autonomia differenziata?
Con il trasferimento di 23 materie oggi di competenza dello Stato centrale, metà della produzione normativa potrebbe essere di competenza regionale. E così i referendum e le leggi di iniziativa popolare rischiano di essere condizionati dall'orientamento politico delle maggioranze. Un tema molto serio. E un altro passo verso quella torsione democratica che si sta realizzando nel nostro Paese, tra riforma del premierato e autonomia differenziata.
Come si può rimediare, allora?
Come minoranza, abbiamo depositato una proposta di legge per istituire la Commissione di garanzia prevista dallo statuto di Regione Lombardia. Da qui misureremo la volontà della maggioranza di bilanciare i poteri che chiede, che devono necessariamente essere regolati da norme e organismi istituzionali per impedire arbitri o piegature parziali, faziose.
L'autonomia differenziata spacca l'Italia?
L'errore della destra è nel modo: tutto o niente, con strappi che possono essere pericolosi e anche improduttivi, e rischiano di scassare principi di eguaglianza dei cittadini. Questa volontà di avanzare la richiesta delle competenze anche su materie su cui si attendono i chiarimenti sui Lep è un errore politico enorme. Ci sarà anche una grande fatica, nel concreto. Insomma, si poteva percorrere un altro tipo di strada.
Il centrodestra fa risalire le radici dell'autonomia differenziata alla sinistra.
Quella riforma della Costituzione, in qualche maniera, avrebbe dovuto essere bilanciata da valori come il principio di unità nazionale, parità, uguaglianza. L'autonomia differenziata è anche prevista in Costituzione, sì, ma la modalità con cui l'autonomia viene ceduta dallo Stato centrale alle Regioni è proprio il tema su cui ci stiamo profondamente dividendo.
La premier Giorgia Meloni ha recentemente parlato di "toni violenti" della sinistra.
Fuori luogo: la dialettica del centrosinistra è sempre ferma, mai violenta. Ma, in generale, Giorgia Meloni ha sottovalutato l'impatto politico di tutto ciò. È il suo grande deficit.
Cioè?
Meloni è senz'altro una politica scaltra, ma senza esperienza amministrativa. Per questo non conosce l'impatto che le cose hanno sulla vita reale, non ne ha la percezione. Si promuove come donna del popolo, ma non ha mai fatto la sindaca, non ha mai fatto l'amministratrice locale, e si vede.
Quale sarà l'impatto, dunque, nella vita delle persone?
Vedremo come si muoverà Attilio Fontana, quali sono le competenze di cui chiederà trasferimento alle Regioni. Ma non è detto che il trasferimento di ulteriori produca un miglior funzionamento. Soprattutto in una realtà come la Lombardia, con scarsa sensibilità alla regolazione pubblica, che gestisce in maniera inefficiente le proprie risorse: quelle che ha, non poche, non le sa adeguatamente utilizzare. Pensiamo a come potrebbe essere gestita la pubblica istruzione: sarà su modello della sanità?