Approvata la mozione sul volto scoperto nei luoghi pubblici in Lombardia: bocciato il punto contro il velo nelle scuole
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Il divieto di utilizzare tutti quegli indumenti che possano coprire il volto come burqa o niqāb nei luoghi e negli edifici pubblici e, come scritto al punto 3, anche all'interno delle scuole. Questo è quanto proposto dal gruppo Lega in una mozione che è stata approvata dall'Aula nella giornata di ieri, martedì 18 febbraio.
La mozione, che era stata discussa per la prima volta in Consiglio regionale la settimana scorsa e di cui Silvia Scurati è stata prima firmataria, impegna la Giunta regionale a sollecitare il Governo e il Parlamento ad adottare iniziative legislative volte a introdurre misure che vietino l’utilizzo di tutti quegli indumenti che possano coprire il volto come burqa o niqāb nei luoghi e negli edifici pubblici, dando piena attuazione alla delibera n. X/4553 del 2015 di Regione Lombardia.
Nel testo presentato dal gruppo Lega si rinnova, inoltre, l’invito ai Comuni ad assicurare il rispetto di tali norme presso gli edifici di proprietà comunale e a fare in modo che la normativa sia applicata in modo equo e proporzionato, senza discriminazioni e solo per giustificati motivi di sicurezza e di tutela dell’ordine pubblico, nel pieno rispetto della legislazione e della giurisprudenza italiana ed europea.
Con 31 voti contrari, 30 favorevoli e 1 astenuto, è stato invece respinto il punto 3 della mozione che, a seguito di un emendamento proposto dalla consigliera di Fratelli d'Italia, Maira Cacucci, e accettato dalla proponente Scurati, invitava il Governo a valutare l’estensione del divieto dell’uso del velo in tutti gli ambienti scolastici per le minorenni. Il testo originale chiedeva invece “di estendere il divieto di copertura del volto e del capo con burqa, hijab, khimar, jilbab, niqab e chador in tutti gli ambienti pubblici in particolare scolastici”.
Tra le motivazioni portate dalla consigliera della Lega: la sicurezza che verrebbe messa in pericolo dall’impossibilità di identificare con chiarezza le persone e dall’altro la difesa del principio di autodeterminazione delle donne e delle ragazze.
Sullo stesso tema, discussa e respinta dall’Aula la mozione del gruppo PD, primo firmatario Pier Francesco Majorino, in cui si affermava che “nessuno può imporre alle donne come vestirsi, sia esso uno Stato, una Regione, una famiglia, singoli individui o altro”, ribadendo la centralità dei diritti delle donne e della loro autodeterminazione e invitando il Governo a garantire la piena applicazione della legislazione vigente.
“La destra oggi ha prodotto un gigantesco pasticcio sul tema del divieto al velo. Il consiglio regionale è stato costretto a discutere una mozione leghista, palesemente inutile, che non è stata nemmeno votata nella sua parte essenziale, quella relativa al divieto del velo nelle scuole, da 13 consiglieri regionali di centrodestra su 43, provocando cosi il fatto che l'aula abbia sconfessato la stessa mozione leghista", ha dichiarato Majorino. "Ci saremmo sinceramente risparmiati un dibattito totalmente inutile, in un consiglio dove la stessa destra impedisce che vengano affrontati temi essenziali come quello delle liste d'attesa o del cosiddetto fine vita”.
Majorino si sarebbe, infine, anche detto disponibile a ritirare il proprio testo a patto che la Lega facesse altrettanto: ciò al fine di avviare un dibattito più ampio sul confronto tra culture diverse, sulle azioni per tutelare il diritto all’autodeterminazione delle donne.
Il dibattito politico intorno alla mozione della Lega
Carmela Rozza, consigliera regionale del Partito Democratico, illustrando il testo proposto dal PD, ha sottolineato che “le istituzioni devono offrire strumenti per liberarsi da condizionamenti familiari o sociali che ne limitino la libertà di scelta senza criminalizzare le culture diverse dalla nostra”.
Giulio Gallera, di Forza Italia, è intervenuto dicendo che: "Occorre focalizzarci non sulle proibizioni ma sul lavoro educativo, dialogare con le famiglie e le autorità religiose delle comunità straniere”. Quindi, a nome del suo gruppo, il consigliere avrebbe chiesto di ritirare entrambe le mozioni e in subordine di cancellare il punto 3 dove si fa esplicito riferimento a indumenti tipici della cultura e religione islamica.
Il consigliere del gruppo Patto Civico, Luca Paladini, ha affermato di ritenere che il testo proposto dalla Lega sia sottilmente islamofobo: “Dobbiamo lasciare a chiunque la libertà di abbigliarsi come meglio si ritiene, non vietare ma lavorare per l’integrazione culturale”. Sulla scia, si è inserita anche Martina Sassoli (Lombardia Migliore) specificando che non bisognerebbe fare confusione tra garanzia di riconoscibilità e tematiche religiose o etniche legate a specifici indumenti. “La mozione Scurati – secondo la consigliera – inserisce tra gli indumenti proibiti anche il chador che non copre il volto, quindi riteniamo la mozione strumentale e non accettabile”.
Anche Nicola Di Marco, consigliere del Movimento 5 Stelle, avrebbe definito la mozione della Lega “un’iniziativa propagandistica. Si chiede di tutelare le bambine musulmane e contemporaneamente si rifiuta di concedere la cittadinanza italiana ai ragazzi figli di immigrati nati in Italia. Sarebbe meglio ritirare questa mozione, alla quale sicuramente voteremo contro”.
Per la Giunta è intervenuto l’Assessore alla Sicurezza, Romano la Russa, che avrebbe ribadito in apertura il diritto di ciascuno di vestirsi come meglio ritiene salvo specifiche circostanze: “Non possiamo imporre l’integrazione con la forza ma non si può neppure accettare che le donne, soprattutto le bambine, vengano obbligate a coprirsi integralmente nell’ambito scolastico”.