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Opinioni

Appello di un’associazione: “Basta fumare fuori dai locali e all’aperto, Milano come New York”

Solo ieri Milano ha approvato il divieto di fumare alle fermate dei mezzi e nei pressi degli edifici pubblici, ma a un gruppo di giovani la misura non basta, e chiede di più: “Milano come New York: vietiamo il fumo fuori dai locali pubblici da gennaio 2021”. Dopo avere lanciato una petizione il gruppo ha avviato un confronto con il Comune.
A cura di Stela Xhunga
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Basta fumare ai tavolini e in generale nelle aree all’aperto di bar, ristoranti, locali e discoteche, nonché negli spazi immediatamente adiacenti. Certo, prima i locali dovrebbero riaprire. È di ieri la notizia che il Consiglio comunale di Milano, con 25 voti favorevoli, otto contrari, quattro astenuti e due consiglieri assenti, ha approvato il "Regolamento per la qualità dell'aria". Tra le misure, la più discussa, il divieto, in vigore dal primo gennaio 2021, di fumare alle fermate dei mezzi pubblici, nei parchi, nei cimiteri, fuori dalle strutture comunali, come le biblioteche, e nelle strutture sportive, come gli stadi. A qualcuno però non basta, e chiede di più: "Milano come New York: vietiamo il fumo fuori dai locali pubblici da gennaio 2021″,  è questa la petizione lanciata da IDeal, un’associazione culturale composta da giovani professionisti che si sono dati l'obiettivo di fare "proposte mettendo in contatto il mondo giovanile con quello degli esperti e dei decisori pubblici".

Martedì 17 novembre hanno ottenuto un tavolo con il Comune, "ci sono aperture, la direzione è condivisa", ha assicurato uno dei partecipanti, Leonardo Armato, solo che ora "la politica ha paura di esporsi". Questi giovani però guardano a New York e a quanto costano i fumatori alla sanità, e sottolineano come in soli tre anni dall'introduzione "la legge antifumo nei locali ha ridotto del 16 per cento i ricoveri ospedalieri con un risparmio di 56 milioni di dollari di costi sanitari all'anno". Quanto alle correlazioni tra tabagismo e Covid-19, "anche se è ancora presto per avere dati solidi in tal senso, è innegabile che sia fumatori che soggetti esposti al fumo passivo vadano incontro a maggiori rischi di contrarre il virus in forma acuta" anche a causa dell'utilizzo improprio della mascherina da parte dei fumatori.

Milano "green" ma la sua qualità dell'aria è da codice rosso

Milano è una camera a gas. Prima di definirla "green", termine evasivo, talvolta abusato, bisognerebbe farsi un giro sul sito dell'Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) e dare un'occhiata alla qualità dell'area intorno al capoluogo lombardo.

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Un calo repentino dell’inquinamento come quello riscontrato durante il lockdown non si era mai visto, concordano gli scienziati, ma anche in quel caso Milano non è stata tra le più green: le immagini satellitare diffuse dall’Esa (Agenzia Spaziale  Europea) hanno mostrato come rispetto al 2019 Milano abbia ridotto del 47 per cento le emissioni, in particolare di biossido di azoto, il gas prodotto principalmente dalla combustione, inclusa quella del tabacco, ma con risultati minori rispetto a città come Parigi, dove si è registrato il -54 per cento. Dismessi i panni di città ‘fredda e introversa', superati il milione e quattrocentomila iscritti all’anagrafe, Milano compete con le capitali europee, ma la sua aria rimane irrespirabile, e talvolta uccide: stando al report "Mal'Aria" di Legambiente, la città registra circa 568 decessi in più all'anno per colpa dello smog.

Quanto influisce il consumo di tabacco sullo smog? 

Anni fa, Roberto Boffi, dirigente del reparto di Pneumologia all’Istituto nazionale dei tumori, firmò uno studio pubblicato sulla rivista European Respiratory Journal in cui sono state analizzate e confrontate le polveri sottili di due vie del quartiere Brera, nel centro di Milano: via Fiori Chiari, via pedonale piena di locali che di sera si riempiono di clienti, anche fumatori, e via Pontaccio, ad alta percorrenza automobilistica. "Risultato? È molto più inquinata la prima della seconda". Il contributo delle sigarette all’inquinamento complessivo dell’aria esiste, ma nessuno è riuscito a stimarlo precisamente, infatti il tema divide anche gli ecologisti. "Vietare il fumo alle fermate dei mezzi pubblici è giusto e utile: il fumo delle sigarette contribuisce in città alla formazione dello smog in misura del 5/7%" aveva detto il consigliere comunale Carlo Monguzzi lo scorso 18 gennaio, quando il Comune aveva annunciato la stretta sui fumatori. "Pensare che questo divieto sia utile nella lotta allo smog non solo è sbagliato ma rischia di essere drammaticamente dannoso per chi chiede provvedimenti strutturali nella conversione ecologica delle città" gli aveva risposto Angelo Bonelli, segretario dei Verdi. Più diplomatico Beppe Sala: "Analisi che abbiamo condotto confermano che sullo smog incidono anche il fumo, i forni delle pizzerie a legna e i fuochi d’artificio".

Per caldaie a gasolio e obbligo di porte chiuse dei negozi c'è tempo

Non solo sigarette, a inquinare contribuiscono anche i negozi che tengono aperte le porte sia in inverno, con il riscaldamento acceso, e sia in estate, con il condizionatore azionato. La scelta del Comune di Milano di rinviare l'obbligo di tenere le porte chiuse dei locali a uso commerciale è stata salutata con grande rammarico da Legambiente, che in una nota ufficiale scrive: "La chiusura delle porte dei negozi permette di non sprecare energia, fosse anche minima, con la dispersione di calore in inverno e di aria fresca in estate, e l’introduzione di questa misura non può essere ulteriormente rinviata". E poi ci sono le caldaie a gasolio, 1.400 nella sola città, dove inquinano 10 volte di più del metano, nonostante i 23 milioni di eco-contributi stanziati per invogliare i cittadini milanesi a cambiare caldaie e coibentazioni. Anche per quelle c'è tempo, diventeranno fuorilegge a partire dal primo ottobre 2022, e saranno previste deroghe di scadenza per le attività produttive e commerciali più colpite dal Covid-19.

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