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Anna, Elena e le altre donne che non festeggeranno oggi: tutte le vittime di femminicidio

Ci sono donne che oggi non possono festeggiare l’8 marzo: sono le vittime di femminicidi, vittime di una società che noi donne continuiamo a denunciare ma che non cambia mai.
A cura di Giorgia Venturini
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Anna, Elena, Giuseppina e altre sei donne lombarde non potranno festeggiare oggi la Festa della donna. Avrebbero voluto, ma degli uomini glielo hanno impedito. Sono nove le donne vittime di femminicidi solo negli ultimi dodici mesi in Lombardia. Una lista infinita se si va ancora indietro nel tempo. Anna Turina, 73 anni, è stata uccisa dal genero al termine probabilmente di una lite. Elena Casanova è stata uccisa dall'ex compagno in una via di Castegnato, comune in provincia di Brescia, dove la donna viveva. Ad aspettare fuori dal pianerottolo di casa Giuseppina Di Luca c'era l'ex marito: l'ha inseguita con un coltello, giù per le scale. Giuseppina è morta poco dopo.

Donne, madri, figlie e nipoti. Nessuna di loro oggi uscirà a festeggiare con le amiche né riceverà una mimosa. Vittime di una società che noi donne continuiamo a denunciare ma che non cambia mai. Perché a un femminicidio ne succedono altri. Senza mai una fine. Cosa direbbero oggi Anna, Elena e Giuseppina? Come cambiare una società che sembra non voler cambiare? Certo è che per cambiare occorre più complicità da parte degli uomini: abbiate la voglia di prendere in mano voi un megafono in qualche manifestazione contro la violenza delle donne. Abbiate la voglia di salire sui più importanti palchi di Italia e denunciare pubblicamente e a gran voce chi commette una violenza fisica e psicologica sulle donne. È quello che direbbero oggi Anna, Elena e Giuseppina se potessero festeggiare anche loro insieme a tutte noi.

E poi c'è la più grande lezione, che se fosse imparata fin da piccoli forse non si dimenticherebbe mai: quella del rispetto. Rispetto è tutto: rispetto per la libertà di una persona, rispetto per le parole che si usano. Rispettare una donna vuol dire anche non lasciarla sola quando chiede aiuto, e ancora di più se la causa del dolore e di sofferenza è per colpa di un uomo. Rispetto vuol dire ascoltare una donna: se lei grida "no" è no. Se lei chiede di essere lasciata libera, deve poter volare in qualsiasi posto in cui voglia. A noi donne dico di denunciare. Allontanare al primo insulto e denunciare al primo schiaffo. Perché chi non ha imparato la lezione del rispetto non possiamo sperare che la impari il mese dopo. Denunciare subito può salvarci la vita. Che sia l'8 marzo tutti i giorni dell'anno.

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Sono giornalista professionista dal 2020, ma faccio questo lavoro da molto più tempo. Nel settembre del 2020 sono arrivata a Fanpage.it inserendomi nella squadra della cronaca di Milano. Da anni mi occupo di criminalità organizzata soprattutto in Lombardia e di problemi ambientali: due tematiche che spesso si intrecciano tra di loro. Da un anno curo il progetto www.stampoantimafioso.it, un giornale online che si occupa di mafia e antimafia e che seguo insieme ad altri giornalisti e ricercatori che come me si sono laureati in Sociologia della criminalità organizzata.
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