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Guerra in Ucraina

Anastasia, la russa che da Brescia aiuta l’Ucraina: “Soffro e mi vergogno per il mio Paese”

Anastasia ha 30 anni e abita in Italia, a Brescia, ma è nata e cresciuta in Russia. A Fanpage.it ha raccontato come sta cercando di aiutare il popolo ucraino e come si senta rispetto alla guerra: “Ogni volta che accendo la tv o devo mostrare la mia carta d’identità, provo un senso di vergogna”.
A cura di Chiara Daffini
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Anastasia Iakovleva
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Anastasia Iakovleva ha 30 anni, abita in Italia dal 2020, ma è nata e cresciuta a San Pietroburgo. In questi giorni soffre per il dramma dell’Ucraina, sentendosi quasi in colpa per una colpa che non ha. A Fanpage.it ha raccontato come si vive in Russia e come lei, oggi, sta cercando di aiutare il popolo ucraino.

Mi vergogno della mia nazionalità

"Ogni volta che accendo la tv o devo mostrare la mia carta d’identità, provo un senso di vergogna". Lo dice senza mezzi termini, Anastasia Iakovleva, mentre chiude con il nastro adesivo decine di scatoloni pieni di medicinali, zucchero, farina, pannolini per bebè e coperte. Chili di prodotti che ha acquistato negli ultimi giorni insieme al marito Paolo. Aiuti rivolti a una nazione, l'Ucraina, che sulla carta dovrebbe essere sua nemica.

Da San Pietroburgo a Brescia

Perché Anastasia, 30 anni, è nata a San Pietroburgo, dove è cresciuta e ha studiato economia: "Ho sempre viaggiato molto e così ho conosciuto Paolo, ci siamo innamorati e due anni fa abbiamo deciso di sposarci. Potevamo scegliere se vivere in Russia o in Italia, ma abbiamo preferito la seconda: mi è sempre piaciuto questo Paese e quando ho saputo che mi sarei trasferita mi sono impegnata al massimo per integrarmi. Ho studiato per un anno la lingua a Verona, poi ho trovato subito lavoro come impiegata amministrativa in un’azienda di Brescia. Sono contenta di essere qui".

Una vita quasi normale

Eppure anche in Russia, fino a poco tempo fa, la vita non era male: "Tutto scorreva tranquillo, solo negli ultimi otto anni si erano accentuate le restrizioni, soprattutto in termini di libertà di pensiero. Ormai seguivo solo i giornalisti indipendenti sul web, perché per i media ufficiali andava sempre tutto bene. E va bene anche adesso. Nel mio Paese in pochi sanno che fine fanno i militari mandati a combattere in Ucraina. Spesso non lo sanno nemmeno i soldati stessi, a cui viene detto che si tratta di esercitazioni. Molti sono ragazzi che non hanno mai preso in mano un fucile e che si trovano a dover uccidere quelli che hanno sempre considerato loro amici".

Anastasia Iakovleva
Anastasia Iakovleva

Questione di generazioni

In particolare a San Pietroburgo, città di 7 milioni di abitanti vicina al confine con la Finlandia, sono diversi i russi "occidentalizzati": "Ho sempre visto un grande divario – dice Anastasia – tra la mia generazione e quelle nate ai tempi dell’Unione Sovietica. Per noi non è una questione di est o ovest, è che non ci sono i confini che vedono i politici, tanto meno quelli che vede Putin". Su come sia possibile che un governo del genere vada avanti da vent’anni Anastasia risponde sicura: "Col tempo ha insediato suoi ‘amici' in ogni angolo della vita sociale, economica e culturale del Paese. Non c’è scelta, non c’è libertà. Basta pensare ai 7.000 manifestanti che sono stati arrestati in questi giorni".

Nei negozi non ci sono più i prezzi

Ma i problemi, oggi, non sono più "solo" nella libertà di espressione: "I miei genitori vivono ancora a San Pietroburgo e mi hanno raccontato che nel giro di qualche ora i bancomat si sono svuotati, tutti hanno cercato di prelevare dollari o euro, perché il rublo sta crollando a picco. Nei negozi, ormai, non mettono nemmeno più i cartellini dei prezzi, perché devono cambiarli ogni giorno. E la gente fa fatica ad andare avanti. La mia famiglia, per esempio, ha un’impresa di manutenzione dei cavi elettrici e ora si trova in grave difficoltà con i fornitori. In più le banche hanno già annunciato che aumenteranno i tassi di interesse, mettendo in crisi chi deve pagare il mutuo. Per le strade si iniziano anche a vedere i primi carri armati diretti non si sa bene dove".

Sono arrabbiati e li capisco

Per Anastasia, che a maggio diventerà mamma, è un momento tanto felice quanto doloroso: "Sono soddisfatta della mia vita qui, ma sto male se penso al mio Paese: ai miei parenti rimasti lì, a chi è in Ucraina e a come ci vedono tutti gli altri. Ho molti amici all’estero e sento il peso del giudizio, così come il dolore di tutte le persone che conosco in Ucraina e che ora si trovano sotto le bombe". I legami, però, non si sono spezzati: "Sono in contatto quotidiano con i miei amici ucraini e mi preoccupo per loro, sto inviando aiuti dall’Italia. So che molti ora ce l’hanno con tutto il popolo russo, credo sia normale e comprensibile: io non ho mai visto la mia città devastata dalla guerra, quindi non posso capire fino in fondo, ma immagino sia una reazione allo sconforto e alla paura".

Il desiderio più grande: che la guerra finisca

"Il desiderio più grande – continua Anastasia – è che questa guerra finisca. In Russia la gente normale non se l’aspettava proprio ed è scioccata. Lo sarebbe ancora di più se potesse vedere cosa sta realmente accadendo. Non appena sarà possibile, vorrei far venire mia mamma qui in Italia, perché mi aiuti a crescere il suo nipotino".

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