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Amica Chips denunciata per la pubblicità delle patatine al posto dell’ostia: “Non volevamo offendere la religione”

L’avvocato di alcune associazioni religiose ha depositato nella mattinata di oggi giovedì 11 aprile una denuncia contestando i reati di “offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone”: nel mirino della Procura potrebbe finire lo spot pubblicitario delle patatine Amica Chips.
A cura di Giorgia Venturini
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L'azienda delle famose patatine Amica Chips rischia di doversi difendere in Tribunale dopo l'accusa di blasfemia da parte di alcune associazioni religiose. Nel mirino della Procura potrebbe finire lo spot pubblicitario ambientato in una chiesa e in cui si vedono alcune suore mangiare al posto delle ostie le patatine Amica Chips. E in poco tempo è scoppiata la polemica arrivata ora fino in Tribunale a Mantova, provincia della sede legale dell'azienda.

Stando a quanto riportato da Open, l’avvocato Antonio Arciero ha depositato nella mattinata di oggi giovedì 11 aprile una denuncia contestando i reati di "offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone" e "offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose".  L'avvocato contesta "una pubblicità deprecabile sotto il profilo etico, ma anche rilevante sotto il profilo legale".

Per diversi associazioni religiose la pubblicità è stata ritenuta blasfema. Solo ora con la deposizione della denuncia da parte del legale si avvierà un procedimento legale: sarà nei prossimi giorni però il pubblico ministero a capire se procedere contro qualcuno o archiviare il caso. L'avvocato però non si ferma qui: "L’idea è quella: coinvolgere parrocchie o organizzazioni che possano costituirsi parte civile e chiedere un risarcimento", come spiega a Open. L'obiettivo sarebbe però non il risarcimento, che potrà arrivare a un massimo di 5mila euro: "Il mio intento è sensibilizzare coloro che hanno commesso questi fatti per fargli comprendere la gravità dal punto di vista penale".

L'azienda ha sempre precisato che con lo spot "non volevamo offendere la religione".

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