“All’ospedale di Alzano il Covid circolava già a inizio febbraio”: cosa rivela la perizia di Crisanti
A tre anni dallo scoppio della pandemia la Procura di Bergamo ha chiuso le indagini sulla mancata zona rossa in Val Seriana. Sulla lista degli indagati sono finiti 19 nome tra medici e politici, tra questi anche quello dell'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana.
Per l'accusa la mancata zona rossa nei paesi della Bergamasca, già in ginocchio dal Covid a inizio febbraio, è stata la causa di centinaia e centinaia di morti. I paesi come Alzano e Nembro sono stati chiusi poi come il resto d'Italia dopo il decreto del governo dell'8 marzo 2020. A chi spettava dare l'ordine? In questi tre anni il governo ha puntato il dito verso la Regione e la Regione verso il governo. Ora per la Procura di Bergamo entrambi hanno uguale responsabilità.
Per far luce su quanto accaduto la Procura durante questi mesi di indagini ha chiesto la consulenza del microbiologo Andrea Crisanti, ora anche senatore del Partito Democratico. Durante la sua perizia Crisanti ha sostenuto che all'ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, diagnosticato all'ospedale di Codogno, nel Lodigiano.
Nel dettaglio, nella consulenza pubblicata dall'Ansa si legge che tre pazienti infetti era ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano: per tutti questi pazienti il "quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare".
Il 28 febbraio l'Italia era già sconfitta dal Covid
Se il 4 febbraio è la data stabilita da Crisanti per dimostrare come il virus fosse già entrato nei reparti degli ospedali bergamaschi, il 28 febbraio del 2020 è il giorno di non ritorno dell'Italia. Il microbiologo ha infatti precisato che dall'ultimo giorno di fine febbraio l'Italia non era più in grado di contrastare la pandemia Covid perché "invece che alle zone rosse, come quella da applicare in Val Seriana, il Comitato tecnico scientifico si affidò a misure proporzionali per combattere un virus che si propagava esponenzialmente".
Questo vuol dire che, come spiega Crisanti, per le istituzioni "prima di estendere le misure previste per la zona rossa si dovesse realizzare uno scenario ancora peggiore di quello che aveva indotto il Cts e il Ministro Speranza a secretare il Piano Covid". Eppure "si sarebbe potuto facilmente calcolare che nel giro di due giorni i casi avrebbero raggiunto quota mille in Lombardia" in pochissimo tempo. E così fu: dopo il 28 febbraio i casi non erano più sotto controllo. Per chiudere tutta la Lombardia si aspettò il decreto dell'8 marzo.