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“Alla polizia basta sentire l’odore d’alcol per togliere la patente”: la conferma della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribadito che per ritirare la patente per guida in stato di ebbrezza non serve l’etilometro, ma bastano “elementi obiettivi e sintomatici”. Tra questi, oltre allo stato confusionale, anche “il forte odore acre di alcol”.
A cura di Enrico Spaccini
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Foto di repertorio
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La polizia può ritirare la patente per guida in stato d'ebbrezza anche senza il test dell'etilometro. Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione rigettando il ricorso alla sentenza emessa il 10 luglio 2023 dalla Corte d'Appello di Brescia. In quel caso, l'imputato era stato condannato anche a 6 mesi e al pagamento di 1.500 euro (con pena sospesa) perché trovato con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro. Gli agenti avevano dichiarato di averlo fermato in seguito a un incidente stradale in stato confusionale, al punto da non riuscire a rispondere alle domande degli operatori, e con l'auto che aveva urtato un marciapiede. Secondo i giudici di Cassazione, questi elementi sarebbero "obiettivi" e "sintomatici" del fatto che non potesse guidare, esattamente come "la presenza di un forte odore acre di alcol".

Le sentenze di primo e secondo grado e il ricorso dell'avvocato difensore

L'incidente stradale in cui era rimasto coinvolto l'automobilista risale a settembre del 2018. Già il 10 novembre del 2022 il Tribunale di Brescia aveva condannato l'uomo a 6 mesi di reclusione, con pena sospesa, e al pagamento di 1.500 euro. Inoltre, gli era stata revocata la patente di guida. L'imputato, infatti, era stato ritenuto colpevole di guida in stato di ebbrezza, con un tasso alcolemico pari a 3,69 g/L come da referto dell'ospedale Civile di Brescia (ben superiore al limite consentito di 0,5 g/L e alla soglia di 1,5 g/L per il ritiro della patente). Il 10 luglio del 2023, poi, la Corte d'Appello di Brescia aveva confermato la sentenza di primo grado.

Secondo l'avvocato difensore dell'imputato, però, gli elementi sulla base dei quali il suo assistito era stato condannato non erano validi. Innanzitutto, gli accertamenti fatti in ospedale, tra cui appunto il test dell'etilometro, non erano da considerarsi una prova dato che nessuno gli aveva detto che poteva farsi assistere da un legale. Inoltre, la Procura, in particolare la sostituta procuratrice Kate Tassone, avrebbe sbagliato a desumere che il tasso alcolemico dell'uomo fosse superiore al consentito in base alle sole dichiarazioni degli agenti intervenuti.

La decisione della Corte di Cassazione

Nella sentenza del 29 febbraio 2024, depositata lo scorso 27 maggio, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso "manifestamente infondato, pertanto inammissibile". I giudici della Quarta Sezione Penale (Piccialli-Calafiore-Serrao-D'Andrea-Sessa) hanno premesso che il compito di giudicare l'ammissibilità delle prove usate nel corso del processo non spetta a loro.

Fatta questa premessa, i togati hanno ribadito che, come è stato già precisato altre volte, "poiché l'esame strumentale non costituisce una prova legale, l'accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base a elementi sintomatici". Questi sarebbero, anche in questo caso, lo stato di alterazione del soggetto, la "presenza di un forte odore acre di alcol" e della "assoluta incapacità di controllare l'autoveicolo", tutti aspetti giudicati "obiettivi". Per questo motivo, oltre rigettare il ricorso, la Corte ha deciso di condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di 3mila euro in favore della Cassa delle ammende.

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