Alessia Pifferi si difende dall’accusa di corruzione di minore: “Nessun abuso su mia figlia”
Alessia Pifferi, la donna di 37 anni che da luglio 2022 è in carcere con l'accusa di omicidio volontario per aver abbandonato in casa per sei giorni la piccola Diana che è poi morta di stenti, si è difesa dall'accusa di corruzione di minore sostenendo che non ci sarebbe stato alcun abuso sulla figlia.
Nella giornata di oggi, venerdì 4 novembre 2022, si è svolto l'interrogatorio nel carcere di San Vittore davanti ai pubblici ministeri Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro. La donna, difesa dai legali Solange Marchignoli e Luca D'Auria, ha risposto a tutte le domande.
La difesa di Alessia Pifferi
Agli inquirenti ha raccontato che Diana, ogniqualvolta lei incontrava uomini con cui avrebbe avuto rapporti a pagamento o in cambio di regali, dormiva o la lasciava in un'altra stanza.
In quest'altro filone di inchiesta, la 37enne è indagata insieme a un uomo di 56 anni. Quest'ultimo è stato sottoposto a perquisizione (gli sono stati sequestrati cellulari e computer) ed è finito sotto inchiesta per alcuni messaggi scambiati con Pifferi.
Lo scambio di messaggi tra Pifferi e il 56enne
Uno in particolare ha sollevato parecchi dubbi e perplessità. Il 56enne avrebbe scritto "voglio baciare anche Diana" e la donna avrebbe risposto "lo farai". La donna ha negato che la figlia venisse in alcun modo coinvolta. Al momento non ci sarebbero elementi che sembrino confermare la possibilità di abusi sessuali.
A questo filone si unisce poi quello relativo all'uso di tranquillanti sulla piccola: in particolare, una volta depositata la relazione finale sull'autopsia e l'esame tossicologico, si cercherà di capire se Pifferi – qualora venisse confermata la presenza di benzodiazepine – utilizzasse i farmaci per narcotizzare la bambina durante gli incontri.